Ambiente, ridistribuzione e uguaglianza contro il “virus” del capitalismo
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Su La7 Milena Gabanelli ha mostrato, dati alla mano, come gli squilibri economici stiano aumentando costantemente, infatti il 95% della ricchezza mondiale è concentrata nelle mani del 5% della popolazione, una forbice di squilibrio che si è ulteriormente acuita durante la pandemia.

In Italia sono 36 i miliardari che durante la pandemia hanno visto accrescere il loro patrimonio, mentre negli USA – il Paese padre del capitalismo – sono 643 i miliardari che hanno aumentato i loro profitti, per esempio Mark Zuckerberg ha visto accrescere il proprio patrimonio per 41 miliardi di dollari.

Tutto questo avveniva in contemporanea alla grave pandemia sociale che ha colpito milioni di lavoratori, costretti a vivere con una cassa integrazione in deroga di pura sussistenza.

Questa è la dimostrazione di come la nostra economica sia malata da tempo di un virus il cui vaccino sembra essere introvabile: il capitalismo.

Dagli anni ’90, infatti, si è iniziato a discutere di come poter ripensare il capitalismo in una dimensione sociale e non più egoistica.

Purtroppo il risultato l’abbiamo dapprima  visto con la crisi del 2008, dove la finanza e il mercato sono crollati, e infine è toccato al coronavirus mostrare i danni  prodotti da un sistema iniquo.

Forse tutti noi ricordiamo di come all’inizio dell’emergenza, i prezzi dei beni di prima necessità utili all’igiene personale abbiano visto il proprio prezzo aumentare vertiginosamente, talvolta perfino del 100%, per esempio l’Amuchina.

Qualcuno l’ha definita la legge del mercato, io preferisco banalmente chiamarlo capitalismo.

L’interrogativo principale che dovremmo porci è come si può pensare di rendere “sociale” ciò che nasce sull’egoismo? Adam Smith – il padre del liberismo – teorizzava che l’incontro fra gli egoismi dei ricchi avrebbe generato un automatico benessere economico, ma il mercato doveva autoregolarsi. In poche parole uno Stato assente, un’anarchia economica dove il più forte prevale sul più debole.

Già questo basta per comprendere che il capitalismo non può essere ripensato, ma solo abolito in nome di una nuova forma economica basata sull’eguaglianza e sull’abbattimento delle disparità, così come sancito dall’articolo 3 della Costituzione.

Un’economia basata non più sulla crescita, ma sullo sviluppo umano, poiché vi può essere crescita economica seguita da un inversamente proporzionale aumento delle disuguaglianze; invece occorre cambiare quest’equazione iniqua, mettendo al centro lo sviluppo umano, ove a farla da padrone non è più il mercato, ma la dignità umana.

Dobbiamo creare un nuovo sillogismo: ambiente, ridistribuzione e uguaglianza.

La chiesa, attraverso Papa Francesco è arrivata alla comprensione di questo fenomeno prima della sinistra, infatti nell’enciclica Laudato Si scrive:  “L’iniquità non colpisce solo gli individui, ma Paesi interi, e obbliga a pensare ad un’etica delle relazioni internazionali. C’è infatti un vero “debito ecologico”, soprattutto tra il Nord e il Sud, connesso a squilibri commerciali con conseguenze in ambito ecologico, come pure all’uso sproporzionato delle risorse naturali compiuto storicamente da alcuni Paesi.” (51, L.S.).

Queste parole devono risuonare nella mente come un costante richiamo alle coscienze dei governanti, poiché il virus capitalista è lo stesso che inquina materialmente il Mondo, distruggendo interi ecosistemi.

Non basta la riconversione ecologica, ma urgono politiche di integrazione, sul lavoro, sull’istruzione, sulla sanità e sull’ambiente che mirino a sanare quel debito umano che i decenni di liberismo hanno prodotto. Per questo dobbiamo ridisegnare il sistema economico, ripensando il Mondo in cui viviamo e immaginando il Mondo in cui vorremo vivere, partendo dalla solidarietà.

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