Negli ultimi giorni il Piano di ripresa e resilienza è stato dibattuto più per le implicazioni e le conseguenze sullo scenario politico, e per la cosiddetta governance, che per i contenuti. In merito a questi invece può essere utile affrontare alcuni aspetti, ciò che è presente, ciò che manca, elementi che rivelano una visione e un approccio, oltre naturalmente a fornire spunti per interventi di correzione e miglioramento. Nel complesso come era già stato annunciato, è noto, l’area “rivoluzione verde e transizione ecologica” gioca un ruolo di primissimo piano nel Piano, arrivando a puntare a mobilitare circa il 38 per cento delle risorse a disposizione, in una quota quindi persino maggiore della già rilevante richiesta dall’Unione Europea.
I temi “green” compaiono con sistematicità. Mi riferisco ad esempio alla mobilità, alla gestione e tutela della risorsa idrica, all’energia. La parte del leone, è stato evidenziato, la fa il cosiddetto superbonus, l’incentivo al 110 per cento per la riqualificazione energetica e l’adeguamento sismico degli immobili privati. Una misura che in questi giorni è stata al centro dell’attenzione, in particolar modo in relazione al fatto, e alla necessità, di garantirle da subito un orizzonte di applicazione quanto più prolungato possibile, per dare modo alla filiera che dovrà attuarlo (utenti, sistema creditizio, imprese, professionisti, amministrazioni) di programmare lavori per interventi che in molti casi sono parecchio complessi, come complessa è la procedura che li avvia.
Il dibattito sull’arco temporale di applicazione e la generale concordia sull’efficacia potenziale del superbonus (io stesso ne ho scritto recentemente in termini di elogio, ed è evidente a tutti l’interesse generale che sta suscitando nei cittadini, in un Paese, il nostro, dove la proprietà immobiliare è diffusissima) rischiano tuttavia di produrre l’involontario cattivo servizio di mettere da parte alcune obiezioni e perplessità. Non sul superbonus in sé, si badi bene, quanto piuttosto sulla legittima domanda se esso sia sufficiente, se l’incentivazione fiscale ai singoli, per quanto poderosa, sia in grado di risolvere le urgenze che riguardano il territorio, in una visuale più ampia rispetto agli edifici privati. Quindi, in estrema sintesi, va portata in primo piano la necessità di predisporre strumenti che consentano in primo luogo ai Comuni (il livello a cui fa riferimento la responsabilità della pianificazione urbana) le indispensabili azioni di contenimento del consumo di suolo e di rigenerazione urbana, che avrebbero anche l’ulteriore vantaggioso effetto di agire positivamente sulla riduzione del rischio idrogeologico.
Credo che in questo ambito l’opportunità offerta dalle risorse di Next Generation EU sia particolarmente ghiotta, e che uno sforzo di riflessione ed elaborazione vada prodotto senza indugio. Sia per costruire strumenti normativi efficaci, sia per dotarli delle indispensabili risorse: perché infatti le azioni, in generale più costose, di rigenerazione urbana siano preferite dagli amministratori e dagli operatori alle nuove edificazioni, è irrinunciabile fare in modo che queste diventino finanziariamente più convenienti.
Due dei temi su cui l’associazione Transizione Ecologica Solidale (TES) ha lavorato alacremente sin dalla sua fondazione sono stati e continuano ad essere proprio quelli del consumo di suolo e della rigenerazione urbana, da noi affrontati tramite la collaborazione ad un disegno di legge nazionale che centrasse il duplice obiettivo di fermare il consumo di nuovo territorio e incentivare la rigenerazione di quello già urbanizzato. Al DDL abbiamo parallelamente affiancato un lavoro sul territorio, che si è svolto in diverse tappe con il progetto ZEROISMORE, per entrare nel merito della questione raccogliendo le varie istanze a livello regionale, discutere gli approcci, le strategie e allineare le visioni. Il bagaglio prezioso di informazioni e risultati emersi da queste giornate di studio e confronto è pronto a informare il dibattito e l’azione legislativa e politica, perché questo sin da subito è stato l’obiettivo dell’operazione: coadiuvare il cambio di approccio alla gestione e al governo del territorio improntandolo alla sostenibilità e alla gestione consapevole delle risorse non rinnovabili ed essenziali per la vita, quale appunto è il suolo.
E’ in corso in Parlamento l’esame di alcuni provvedimenti, in particolare quello di cui è primo firmatario il senatore Andrea Ferrazzi, che riguardano proprio questi obiettivi. Un dibattito e un confronto che non può essere confinato agli addetti ai lavori.
La rigenerazione della città dovrebbe diventare l’anello fondamentale per la sostenibilità in generale oltre che un collettore di risorse del NGEU. Ma non consumare più territorio, che è alla base di una politica per la città, non mi pare un’indicazione acquisita da tutti gli amministratori.