Il fallimento del ‘modello svedese’, tormentone dei negazionisti
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Per mesi i negazionisti ci hanno detto che il ‘modello svedese’ era la soluzione. E in effetti noi tutti lo guardavamo con un misto di preoccupazione e ammirazione: e se avessero davvero ragione loro?

Da marzo ad oggi in Svezia non si è imposto nessun lockdown o meglio nessuna misura di contenimento: nessuna limitazione agli spostamenti, assembramenti o uso di mascherine. Solo raccomandazioni, anche perentorie, ma senza nessuna conseguenza.

Mentre il resto del mondo andava in una certa direzione, loro andavano controcorrente. Essendo una situazione mai gestita prima, in un primo momento, poteva essere considerata una scelta come le altre, addirittura più coraggiosa. Ma poi i numeri, perché quelli li puoi interpretare ma rimangono sempre numeri, hanno cominciato a mostrare la dura realtà. E la realtà è che quando hai un tasso di mortalità che è 5 o addirittura 10 volte superiore rispetto a quello registrato dagli altri paesi scandivi vicini (Norvegia, Finlandia e Danimarca) vuol dire che qualcosa non funziona. Ma invece di correggere la rotta, la Svezia ha continuato imperterrita sulla via della minimizzazione.

Nei giorni scorsi, con terribile ritardo, è arrivato anche il re di Svezia e fare un irrituale mea culpa: “Gli svedesi hanno sofferto tremendamente in condizioni difficili”- ha detto re Carl XVI Gustav. “Penso che abbiamo fallito, abbiamo un gran numero di morti e questo è terribile”, ha affermato nell’intervista di fine anno alla tv di Stato. Il destinatario delle sue critiche è ovviamente il governo che continua a difendersi: il premier Stefan Lofven si è finora rifiutato di definire la strategia un fallimento. “La maggior parte degli esperti di salute non ha visto l’onda davanti a loro, parlava di focolai localizzati”, ha ammesso, tuttavia, in un’intervista al quotidiano Aftonbladet.

Ma le critiche sono senza precedenti anche il 2020 lo è. Ed è giusto assumersi le responsabilità politiche delle scelte che si sono- o non si sono- fatte.

Ad oggi i morti sono 8.000 e i contagi 350.000. E continuano ad aumentare, raggiungendo numeri record anche nell’ultima settimana. Le terapie intensive di Stoccolma sono piene al 99% e 3.500 medici si sono licenziati per sfuggire a quell’inferno.
Insomma, il modello svedese ha fallito. E con esso anche l’interpretazioni della realtà di chi nega la pericolosità del virus.

 

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3 COMMENTI

  1. D’accordo, qualcosa si deve scrivere, ma almeno un po’ di onestà intellettuale è necessaria. Non c’é dubbio che gli svedesi abbiano avuto molti più morti per milione di abitanti rispetto ai norvegesi, ai danesi ed ai finlandesi. Però parecchi meno degli italiani. Ora, non mi sembra che gli italiani si siano messi dalla parte dei negazionisti, però hanno avuto più morti degli statunitensi, che in pratica non hanno fatto proprio nulla per limitare e contenere, almeno a livello federale, la pandemia. A questo punto prima di criticare gli svedesi, non sarebbe il caso di capire perché è successo questo in Italia? C’entra per caso anche un governo al cui interno c’è il nostro partito?

    • Dato che la Svezia ha una densità di popolazione che è un decimo di quella italiana (4,6 ab. Kmq versus 46 ab. Kmq) è evidente che si debba paragoinare ai Paesi che hanno situazioni socioeconomiche simili. L’Italia si può paragonare alla Francia alla Spagna o alla Germania, non certo alla Svezia.
      Quanto alla situazione rispetto agli USA, l’Italia ha subito il primo assalto e il più forte in anticipo rispetto a tutti gli altri Paesi occidentali. Se si verifica l’andamento della curva dei de cessi ad esempio nella seconda ondata si nota che è assolutamente in linea con quella di tutti gli altri principali Paesi europei.

  2. Non sarebbe meglio ascoltare i motivi di posizioni diverse da quelle che si sono prese e faticosamente condivise, piuttosto che presentare le scelte ‘nostre’ come le migliori possibili?
    Per chi vuole confrontarsi con le posizioni di chi sentiamo politicamente in sintonia è più utile capire le ragioni degli altri che ribadire le proprie. Non imparo molto dai i dati che ho già trovato su tutti i quotidiani ma vorrei approfondire i motivi di scelte diverse. Nelle prossime fasi di questa e di altre probabili pandemie dovremo confrontarci con la necessità di scegliere tra soluzioni diverse che dovranno però essere capite e, appunto, condivise.

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