Il fenomeno No Vax figlio di un problema culturale
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Il 2020 sarà ricordato come l’anno delle contraddizioni oltre che del Covid19; l’anno in cui si passava dal “chiudete tutto” all’”aprite tutto” in un attimo, manco fossimo un tergicristallo umano.

Forse sarebbe il momento di domandarsi come si è arrivati a mettere in discussione l’Unione europea – non tanto il modello ma l’idea stessa – e la scienza, ovvero quando sono sorti questi fenomeni detti complottisti, dove se metti in discussione una tesi infondata sei schiavo del potere mediatico, solo perché applichi il buon senso alle serie tv.

Negli anni siamo passati dall’avere paura della morte a confondere la libertà di pensiero con la libertà di far ammalare gli altri, sollevando complotti inesistenti, che però servivano a fomentare la paura attraverso il virus peggiore: l’ignoranza. C’è chi lo fa per “fede” e chi per avere un po’ di risalto mediatico ed uscire dalla monotona vita, oppure chi vuole sentire un brivido, immaginandosi calato in chissà quale mission impossible.

Ma il problema non è tanto il fenomeno, ma il cosa lo ha reso tale.

In Italia è ormai da un decennio che esiste un problema culturale, manca una vera egemonia, intesa come un modello sviluppo sociale che permetta la formazione delle classi dirigenti in modo equo e libero.

Negli anni, il non investire nel sistema di istruzione e formazione ha prodotto delle menti distorte, impaurite, perché incapaci di leggere i fenomeni e di comprendere gli effetti.

E’ paradossale, perché la società post seconda guerra mondiale era culturalmente inferiore alla nostra, eppure riusciva a comprendere un mondo e a stupirci per spirito di comunità e solidarietà, invece nella nostra prevalgono gli egoismi, cavalcati non soltanto dagli oliatori seriali, ma da chi ha reso la politica un algoritmo e non uno strumento di risposta.

Il problema del post pandemia non sarà soltanto il rilancio dell’economia: il vero obbiettivo del Next Generation EU deve essere quello di costruire una società nuova, in grado di formare, integrare e amare.

Forse per questo la Commissione europea ha voluto chiamarlo così: “Nuova Generazione”, perché il mondo post-pandemico dovrà essere nuovo, guardare al prossimo, però per arrivarci a quel mondo dobbiamo prima vaccinarci.

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1 COMMENTO

  1. Trovo questo scritto di Francesco Maragliulo chiaro semplice e assolutamente condivisibile. Ma i giovani e le giovani italiane della post pandemia saranno altrettanto forti di quei reduci dalla Seconda guerra mondiale nella vera e propria ricostruzione economica del paese quando i valori di comunità, di solidarietà e identità nazionale appaiono tuttora pesantemente minacciati dagli atteggiamenti supponenti di una parte della stessa classe dirigente che ci governa?Attendiamo fiduciose, noi del Centro Studi Ceresdonne FVG, di vedere come il Next Generation Plan italiano traduce i difficilissimi obiettivi, che Francesco Maragliulo indica con grande essenzialità, in progetti , interventi e azioni. E il Piano dovrà pure , almeno iniziare, a fare i conti con il debito pubblico ormai storicamente abnorme! La specifica task force interdisciplinare è indispensabile per il successivo controllo continuo e a tempo pieno da parte di specialisti, formalmente responsabili dinanzi al Governo e al Parlamento, dei processi di impatto/realizzazione ed eventuale riorientamento del Piano. La posta per l’Italia è talmente alta cioè il recupero del benessere psicofisico degli italiani e lo sviluppo di una nuova cultura sottesa a tale obiettivo primario, da rendere impensabile che la spregiudicatezza di alcuni metta in crisi un processo che non può che essere creativo, vista l’eccezionalità della situazione in cui ci troviamo, e quindi emendabile, durante l’intero periodo di vigenza del Piano, non solo dal Parlamento ma anche con periodiche tornate di verifica condotte dal Premier e dai Ministri a partire da quella degli Stati Generali della scorsa estate.

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