Il primo giorno di elementari per i nostri piccoli grandi eroi. Lettera aperta ai genitori
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Care mamme, cari papà, siamo alla vigilia di un avvio dell’anno scolastico inedito e oggettivamente complicato da errori, ritardi, criticità molto forti. Va detto e riconosciuto subito, senza minimizzazioni o giustificazioni a ogni costo. Si poteva e si può ancora fare di più? Sì. Si poteva e si doveva fare prima? Sì.

Ma in ogni caso tra poche ore per le nostre bambine e i nostri bambini, in particolare quelli del 2014 che non hanno avuto un vero ultimo giorno di fine ciclo, sta per iniziarne uno nuovo, con tutto il bagaglio di emozioni, paure, speranze che questo passaggio si porta dietro e che il lockdown ha molto amplificato e caricato di peso e complessità. E sarebbe davvero riduttivo, e anche ingeneroso verso gli sforzi che si stanno mettendo in campo per far ripartire la scuola in presenza e in sicurezza, parlare del 14 settembre “solo” come del primo giorno di scuola.

Non è così, non è solo questo. È molto di più. È una sfida per il Paese, per noi genitori, per i nostri figli. Per tutti le studentesse e gli studenti e, con una particolare attenzione, per quelli più piccoli, per i bambini delle prime classi della scuola primaria che non a caso si chiama così, “primaria”, perché prima e fondamentale tappa di un percorso d’istruzione lungo il quale diventeranno ragazze e ragazzi e si formeranno come persone e cittadini. Fino a solo sei mesi fa mai avremmo immaginato di dover preparare i nostri figli seienni più alle regole anti-Covid che alle emozioni che scatenerà in loro l’incontro con nuove maestre e nuovi compagni in un ambiente nuovo, con tempi, spazi e dinamiche diverse. Dinamiche peraltro già completamente sconvolte lo scorso 5 marzo quando, dalla sera alla mattina, abbiamo e hanno saputo che non sarebbero più rientrati nelle loro aule, tra i loro giochi, con i loro affetti e che sarebbe durato per chissà quanto tempo.

Mai avremmo immaginato di doverli aiutare a scegliere oltre ai vestiti del primo giorno anche la mascherina da abbinarci. O che l’ultima cosa che lunedì mattina faremo prima di uscire da casa non sarà infilare una merenda nel loro zainetto ma misuragli la temperatura. Eppure li vestiremo lo stesso con più attenzione del solito (la loro soprattutto). Gli terremo comunque la mano fino all’ultimo metro prima che varchino il portone della loro nuova scuola e scatteremo, senza assembramenti, la fatidica foto del primo giorno. Lo dobbiamo a loro, che già hanno perso tanto e che non possono perdere oltre. Ma lo dobbiamo anche a noi. Pure nel vortice in cui il Covid ha trasformato le nostre vite, abbiamo il diritto di aggrapparci alla ritualità di quei gesti destinati a imprimere nella nostra memoria emotiva e in quella dei nostri figli, un ricordo positivo di questo passaggio.

La scuola, il primo giorno di scuola, è molto, molto di più del metro di distanza tra rime buccali, del giubbetto da riporre in una busta, dei quaderni da sanificare. La scuola deve riaprire in sicurezza. Certo! Lo sappiamo noi, lo sanno i dirigenti scolastici, gli insegnati, il personale ATA, i sindacati, i giornalisti, i partiti, la politica, il governo. Ma credetemi: lo sanno bene anche i nostri figli. L’unica informazione che rischia di non raggiungerli è quanto il loro primo giorno sia importante per noi. E non tanto, o non solo, per l’assenza della maestra di matematica e pure della supplente, per le monoporzioni al banco, per gli orari di entrata e uscita, per quello che succederà se nella loro classe qualcuno dovesse risultare positivo (ovvio che siano questioni fondamentali per noi, ci sentono parlare praticamente solo di questo!) ma perché si tratta comunque di uno dei momenti della loro e della nostra vita che in assoluto ci renderà più felici, più orgogliosi, più commossi e pieni d’amore per i nostri cuccioli che cominciano davvero a diventare grandi.

L’atteggiamento con il quale i nostri figli vivranno questo primo incontro con la scuola (paura e ansia o speranza e curiosità?) inciderà sul resto del loro percorso molto più di quanto possiamo immaginare oggi. E in buona parte dipenderà dal nostro atteggiamento, dalle emozioni che gli stiamo trasmettendo. Abbiamo molte e giustificate ragioni per provare ansia, preoccupazione, incertezza frustrazione, rabbia. Ci eravamo preparati per 6 anni al momento in cui avremmo dovuto ripetere le tabelline insieme ai nostri figli. Adesso dobbiamo prepararci all’eventualità di dover trascorrere con loro la quarantena. Ma dobbiamo sapere che se questi sono oggi i sentimenti prevalenti che riusciamo a esprimere (occhio quando parliamo tra adulti in loro presenza: ascoltano, registrano e ricordano tutto!) questi saranno anche i sentimenti che accompagneranno i nostri bambini il 14 settembre o quando, a seconda delle regioni, entreranno a scuola.

Siamo noi genitori, più di chiunque altro, che a questa età formiamo e condizioniamo il loro modo di relazionarsi con il mondo e se non possiamo assicurargli che tutto andrà bene come li abbiamo spinti a scrivere sulle lenzuola appese alle finestre durante il lockdown, possiamo evitare di fargli credere che tutto andrà per forza male. Possiamo proteggerli dallo stress che proviamo e che rischia di intossicare e compromettere lo spirito di fiducia che sta alla base del successo del compito educativo e formativo che scuola e famiglie condividono. Possiamo rassicurarli, trasmettere loro fiducia nel fatto che, anche grazie a loro, ai loro compagni e alle loro maestre, andrà meglio di quanto temiamo perché tutti, compresi noi, faremo del nostro meglio perché ciò avvenga e perché lo stiamo già facendo.

Possiamo stringere legami più saldi, collaborazioni più profonde, possiamo davvero restare uniti e scommettere insieme sul fatto che la scuola ce la farà. Possiamo soprattutto cercare e trovare forza e coraggio nel loro stupefacente sapere, nel loro generoso e contagioso entusiasmo per ogni novità. Credere in loro e crederci per loro, i nostri piccoli grandi eroi, classe 2014.

Claudia Daconto, mamma di Cecilia, 6 anni

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