Storie per ripartire, l’importanza della letteratura per ragazzi e una proposta pedagogica
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Avere consapevolezza di ciò che è accaduto all’indomani dell’avvio pandemia Covid-19 appare il punto di partenza imprescindibile per andare oltre con il pensiero e immaginare scenari di un futuro prossimo, provare ad essere nella giusta misura visionari, nella consapevolezza delle tante necessità di mettere in dubbio modelli di vita associata consolidati, che sino all’altro ieri ci apparivano possibili, legittimi e dunque accettabili.

Un virus nascosto e solitario che nel giro di due mesi si propaga, uccide e fa ammalare milioni di persone, mettendo in ginocchio non solo sistemi sanitari più o meno organizzati, ma di rimando equilibri economici di continenti interi, impone una riflessione abbastanza semplice e cruda: quei modelli politici, sociali, economici di sviluppo, stanno dimostrando falle enormi negli ingranaggi costitutivi di esso stesso.

I recentissimi versi di Mariangela Gualtieri illuminano efficacemente questa segreta, quanto intima consapevolezza contemporanea:

Questo ti voglio dire
ci dovevamo fermare.
Lo sapevamo. Lo sentivamo tutti
ch’era troppo furioso
il nostro fare. Stare dentro le cose.
Tutti fuori di noi.
Agitare ogni ora – farla fruttare.
(…) Nove marzo duemilaventi

Una proposta pedagogica

Chi per decenni si occupa e si preoccupa di instaurare un colloquio di riflessione e di pensiero con le giovani generazioni dovrebbe sentire oggi più che mai uno stimolo forte a pronunciarsi.

A chi si occupa di professioni educative nel senso più ampio e nobile del termine si richiede non solo di possedere competenze specifiche e di facilitarne gli strumenti di accesso, ma in primis di essere EDUCATORE, (dal latino educere: trarre fuori, condurre, menare..).

Da ciò la necessità oggi, al tempo del Covid-19, di offrire stimoli di riflessività, di sollecitazione per trarre fuori, condurre, menare verso una maggiore comprensione dei molteplici fenomeni di una contemporaneità che si sta rivelando ancora più complessa da comprendere, da gestire e soprattutto da trasformare.

In questi giorni da più parti è stata messa in evidenza l’assenza di un’attenzione specifica sui giovani/bambini/adolescenti in un tempo di quarantena disteso e prolungato, a cui hanno obbedito silenti, rassegnati, emarginati, di fronte alle tante ordinanze, divieti, raccomandazioni da parte del Governo centrale. E’ vero, se ne parla poco dei loro bisogni, aspettative, sogni, in quanto le loro sorti preoccupano meno di altre condizioni più precarie nell’immediato, ad esempio quelle dei lavoratori e delle lavoratrici delle piccole imprese, degli esercizi commerciali che faranno fatica a resistere, alle lavoratrici e lavoratori in nero che rischiano di giungere ai limiti di una sopravvivenza decorosa, o ai numeri allarmanti di disoccupati e inoccupati previsti nei prossimi mesi.

Se le possibili strategie di contenimento della crisi necessitano di azioni d’intervento rapide e incisive per tamponare le necessità più urgenti dell’economia reale e impedire che il sistema vada in tilt, è il medio e lungo periodo invece, la dimensione di tempo più consona, più favorevole a veder nascere trasformazioni di portata ideale, paradigmatica, culturale.

Il cambio di marcia ha bisogno di mutazioni fisiologicamente lente e impercettibili nell’immediato, ma di lunga durata, meglio di lunga lena che sappiano generare sedimentazioni valoriali durature che riescano ad aprirsi un varco e trovare riconoscimento e cittadinanza nella cultura complessiva.

Quali valori per scenari altri

Ci attendono, nostro malgrado, prospettive difficili in quanto a occupazione, redditi familiari e individuali, possibilità di accedere ai servizi sociali essenziali (sanitari, di istruzione, di tutela delle fasce più deboli: anziani, disabili, portatori di handicap, emarginati ecc.).

Tali situazioni vedranno alcune fasce sociali già in difficoltà, indietreggiare verso condizioni di povertà e alcune altre, i ceti medi, anch’essi impoverirsi progressivamente se politiche sociali energiche non verranno prese in tempi rapidi. Convivere con la povertà tuttavia non significa tollerarla, abituarsi a vivere peggio, significa contrastarla con strumenti d’intervento efficaci, organizzati e mirati, compito delle istituzioni e dei governi, ma anche compito di ogni soggetto, nella propria individualità, dei suoi atteggiamenti, delle scelte di vita nella relazione con gli altri.

La RESILIENZA, termine tanto evocato e abusato in questo ultimo periodo, chiama in causa una serie di condizioni e non è da intendersi soltanto come pura resistenza fisica o psicologica. Essere resilienti significa avere un progetto, un sogno audace, una scommessa, una sfida, che richiede punti di a riferimento importanti ma anche una poderosa messa in gioco di ognuno di noi, un diverso e accidentato sentiero da percorrere. E’ un gioco che richiede una visione dall’alto, che impone l’abbandono di una logica dell’iperattività, del consumo e del profitto ad oltranza, dell’inerzia verso un problema ambientale mai affrontato, del rozzo individualismo fine a se stesso, delle discriminazioni di genere e di potere.

Sapremo trasmettere questi VALORI, perché non so in quale altro modo chiamarli, ai nostri giovani? E quali gli strumenti? L’esempio, le parole, le azioni?

Ecco che la narrazione di storie, intendendo quel vasto patrimonio rappresentato dal genere narrativo che è stato fondamentale nella crescita psicologica di intere generazioni passate, presenti e future potranno offrire un valido contributo alla ripartenza. Nella misura in cui esse proporranno scenari trasformati e plausibili, trame di un immaginario possibile riusciranno a fare breccia.

Le narrazioni per loro natura infatti riescono perfettamente a mantenere una distanza di sicurezza tra chi legge e l’oggetto narrato, assolvendo ad uno scopo fondamentale, quello della riflessività, della rielaborazione intima di situazioni, ruoli, messaggi.

Le narrazioni servono anche a questo e le bambine e i bambini, le ragazze e i ragazzi hanno bisogno di copioni in cui leggere le cose del mondo e il loro significato. Hanno bisogno di storie, di situazioni, di narrazioni, di canovacci altri, dove potersi rispecchiare e immedesimare in dimensioni nuove, in atteggiamenti e ruoli trasformati. Queste narrazioni, ora più che mai devono acquistare e veicolare messaggi di solidarietà, di non discriminazione tra i generi, di relazione positiva, di lentezza, di benessere, di equilibrio. Su di essi è possibile costruire modelli di convivenza positiva.

Il panorama editoriale della letteratura per ragazzi, alla vigilia del più importante appuntamento annuale dedicato: la 57 edizione della Bolognachildrens book fair in programma agli inizi Aprile 2020, si è trovata improvvisamente nei marosi di una tempesta imprevista e inattesa, quella del COVID 19 e non ha potuto che annullare l’attesissimo appuntamento per tutti gli operatori del settore.

Ma una volta superati i primi momenti di smarrimento, numerose case editrici sia nel nostro paese che in altri hanno fatto a gara nel proporre a famiglie e bambini e ragazzi una valanga di consigli di lettura, Laboratori animati, presentazioni di testi e altre attività per fasce d’età e temi ricorrenti. L’obiettivo: riempire le lunghe ore della quarantena in casa e chiaramente…. non farsi dimenticare.

Ma questa risposta pur valida nella situazione contingente, appare debole e inadeguata se in divenire non sarà supportata da quel vento leggero ma formidabile di un’aria nuova…..

Abbiamo bisogno di aria nuova, di brezze leggere incessanti e continue nel tempo. Non si potrà fare finta che niente sia successo, meno che mai nel costruire nuove storie per bambine e bambini, ragazze e ragazzi.

C’è urgenza di ripartire proprio da loro, per dar vita a scenari altri, fatti di nuove relazioni, di solidarietà, di lentezza, di bellezza, di benessere.

Abbiamo bisogno di tante storie per RIPARTIRE!

Maria Grazia Anatra è presidente dell’Associazione “Woman to be” e ideatrice del premio di Letteratura per l’infanzia “Narrare la parità”

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