La sfida dell’accessibilità
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Ci siamo dimenticati delle persone con disabilità.

In questa emergenza la rimozione collettiva operata nei confronti dei più fragili e vulnerabili, tra i fragili e i vulnerabili, è stata, ed è, palese.

In particolare ciò è accaduto in zone, penso ad esempio a quelle lombarde, da cui scrivo, che hanno puntato “tutto” sulla dimensione dell’ospedalizzazione a scapito del “territorio”. E quindi a scapito dell’assistenza domiciliare, del monitoraggio continuo, del valore del legame. Illudendosi, ed accorgendosene poi troppo tardi, che non esiste sfida nella promozione della persona che possa prescindere dall’attribuire centralità alla dimensione del “sociale”. E questo significa non immaginare quote di compassione e favori da distribuire, ma, piuttosto, investire sul valore dei diritti.

Ecco: diritti, diritti sociali e civili riguardanti le persone con disabilità.

Di questo parla la stupenda Convenzione ONU adottata alcuni decenni fa e rimasta spesso lettera morta. E, anche, di questo dovrebbe sapersi nutrire la nostra capacità di immaginare il tempo che viene.

Quello della RICOSTRUZIONE.

Ricostruzione che deve necessariamente e ancora cimentarsi con la gestione di questa fase dell’emergenza, così complessa. Fase nella quale se diminuisce (per fortuna e speriamo di non essere in preda ad una gigantesca illusione..) la preoccupazione sulla salute si alimentano l’ansia e l’incubo della precarietà.

Fase, per farla breve, nella quale ancora più di prima si deve porre l’attenzione su quanti necessitano di opportunità particolari e di garanzie robuste.

Ciò vuol dire spingersi oltre la pratica dei provvedimenti sin qui addottati e comprendere che ci sono bisogni peculiari che non si possono comprimere nel DPCM, o nella sua variabile regionalista, del momento.

Penso, nel caso proprio della disabilità, a temi molto molto concreti: la necessità di domandarsi quale fine faccia la didattica a distanza se orientata ad essere funzionale per la crescita di un ragazzino fragile (per cui servono mille accorgimenti e attenzioni) o come garantire la libera fruizione di parchi e strutture sportive per persone per le quali l’attività fisica e motoria può davvero rivelarsi essenziale.

O ancora sovraintendere al fatto che la fase di incerta ripresa occupazionale non venga fatta “pagare” innanzitutto a chi si trova a vivere problematiche legate alla salute mentale. E potrei continuare citando la necessità di non abbandonare le Residenze per Disabili che hanno visto casi sconcertanti analoghi a quelli verificatisi proprio nelle Case di riposo.

Quindi correggere ora la rotta per saper poi pensare – nella necessità di scrivere un futuro capace di scommettere su di un modello radicalmente nuovo, come molti affermano proprio attraverso Immagina – ad uno sviluppo che sappia includere  e non rileghi ai margini.

Correggere ora la rotta per mostrare molte più ambizioni in futuro.

Perché, diciamocela tutta, ad eccezione della Legge, certamente innovativa, sul “Dopo di Noi” il tema della disabilità è stato straordinariamente assente nell’agenda dei governi degli ultimi vent’anni.

Si deve tornare all’operato di Livia Turco per scorgere il desiderio di realizzare politiche capaci di non guardare alla disabilità come a della polvere da nascondere sotto il tappeto oppure come alla voce di Bilancio da alimentare, o diminuire, a seconda della capacità di pressione prodotta da un po’ di Terzo e Quarto settore.

Abbiamo, per concludere, una grande occasione e responsabilità: farla finita con ogni atteggiamento compassionevole e paternalistico e decidere che dalla capacità di garantire eliminazione di barriere (materiali e immateriali) ed ostacoli passerà un bel pezzo del futuro di tutti.

Perché poi se capiamo che l’orizzonte da ricercare è proprio altro rispetto a ciò a cui siamo abituati arriviamo a comprendere che quella dell’accesso e dell’accessibilità è davvero una sfida che riguarda il destino del mondo.

Molto più dunque di un “servizio” da organizzare.

Si tratta proprio di una nuova pagina della politica sociale da desiderare di scrivere.  Si tratta di una nuova visione delle cose.

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