Ora serve un piano straordinario per accogliere le persone senza fissa dimora
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Tutti parlano di fase 2 dell’emergenza Covid-19 e sono molte le questioni da affrontare. Voglio cominciare questa riflessione segnalando un grande problema: le politiche per i senza dimora a Roma.

È sotto gli occhi di tutti l’enorme aumento di persone che si trovano in uno stato di grave povertà e difficoltà dal punto di vista abitativo, a partire dalle fasce storicamente più deboli sino ad arrivare alle nuove povertà esplose in questi mesi. È sotto gli occhi di tutti la nascita di nuovi e sostanzialmente inevitabili accampamenti, tendopoli, sistemazioni di fortuna sui marciapiedi, nei pressi delle stazioni, nelle zone riparate come i portici di Piazza Vittorio o nelle pinete.

È necessario mettere in campo, al più presto, una strategia di lavoro e confrontarsi su progetti concreti mentre, al contrario, ci troviamo di fronte ad un vuoto di proposte e di strategia a livello cittadino. Tanti punti da cui partire, ma alcuni assolutamente prioritari, come ad esempio gli interventi che riguardano i centri di accoglienza già attivi: seppur in una condizione di assoluta insufficienza storica nei confronti dei bisogni, potrebbero comunque dare una risposta ad una parte di questa domanda.

Ad oggi, tuttavia, non possono accogliere nuovi ospiti, pur avendo tutti posti a disposizione, in assenza di un protocollo definito dal Comune di Roma con le strutture sanitarie autorizzate che definisca l’iter di verifica di eventuali persone contagiate dal virus. Serve, e al più presto, almeno la possibilità di svolgere l’esame sierologico che, in caso di risposte negative, possa permettere l’accoglienza delle persone nei centri.

Altro tema è quello delle strutture del Piano Freddo, come ad esempio le due messe in campo dal Municipio Roma I Centro, che ogni inverno accolgono molti senza dimora fornendo alloggio notturno, pasti caldi, servizi igienici. È bene ricordare che i Municipi non hanno voci di bilancio apposite sull’accoglienza e che quindi oltre al contributo del Comune possono scegliere di dedicare dei fondi attingendo da altre voci del bilancio municipale. Al momento, per fronteggiare l’emergenza sanitaria, l’attività delle strutture del Piano Freddo è stata prorogata h24 fino a giugno. Dopo cosa dovranno fare? La nostra politica in questi anni è stata quella di non rimettere le persone in strada una volta accolte nell’ambito del Piano Freddo, ma di costruire percorsi attivi che permettessero una fuoriuscita dal bisogno di accoglienza. Siamo riusciti in molti casi a portare a casa il risultato per parecchi ospiti e abbiamo inserito le persone che non eravamo riuscite ad avviare ad altri percorsi nelle strutture permanenti comunali. D’ora in poi, alla luce della nuova situazione in cui ci troviamo, questo sarà impossibile. In assenza di una strategia, il risultato sarà quello di gonfiare ancora di più la lista delle persone costrette a rimanere in strada.

Infine l’ultimo punto, forse il più importante. Questa grave crisi e la situazione che ne è scaturita deve essere l’occasione per ripensare il modello di accoglienza generale. Sono consapevole che non si può risolvere una difficoltà storica della città in poche settimane, ma sarebbe necessario cominciare a costruire un modello nuovo basato su alcuni punti.

Innanzitutto, l’incremento progressivo dei posti a disposizione, come è stato fatto in molte altre città. La differenziazione dell’offerta di accoglienza, elemento indispensabile per abbattere il numero di risposte negative delle persone, attraverso progetti di accoglienza senza separazione dei nuclei familiari, come invece accade ancora oggi con la divisione di uomini e donne. La previsione di accoglienza insieme al proprio animale, che spesso è l’unica relazione stabile di queste persone. La previsione di percorsi e accordi di tutela della salute mentale con tutte le strutture preposte e luoghi di prima accoglienza misti con la parte sanitaria e differenziazione di orari e giorni. Per tutta la durata dell’emergenza sanitaria, accoglienze temporanee per isolamento controllato delle persone senza dimora che risultino sintomatiche, a difesa della loro salute e di quella di tutti i cittadini. Progetti di accoglienza personalizzata, come sperimentato con ottimi risultati dal Primo Municipio, che stanzino budget per costruire attorno ad ognuno delle opportunità e un’accoglienza che parta dalle esigenze della persona stessa invece di chiedere solo di spostarsi in centri inevitabilmente immaginati per tutti.

Per fare tutto questo, è necessario disegnare un piano a livello cittadino, che comprenda tra le tante misure anche l’utilizzo di beni immobili pubblici da impiegare in questo ambito, penso ad esempio ai beni sequestrati alla mafia, invertendo la modalità attuale di richiesta al terzo settore di farsi agente immobiliare nella ricerca di beni da utilizzare.

Dobbiamo confrontarci con il terzo settore, le unità di strada, gli operatori dei centri diurni e notturni, perché questo dialogo è indispensabile sia per muovere i giusti passi nell’emergenza sia per coprogettare un modello adeguato alla situazione, immaginando anche nuove funzioni e investimenti sulle potenzialità della Sala Operativa Sociale del Campidoglio.

In tanti abbiamo detto che da questa situazione non si può uscire tornando alla situazione precedente, che mostrava già falle e difficoltà. Ora è il momento di cogliere questa sfida e mettere in campo un pensiero che possa dare risposte nel breve tempo e nel lungo periodo, in caso contrario dopo i mesi della solidarietà – che è stata tanta e diffusa – rischiamo di trovarci di fronte a un fastidio e un rifiuto diffuso del disagio come se la povertà divenisse una colpa.


Emiliano Monteverde è Assessore alle Politiche Sociali Municipio Roma I Centro

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