Oltre l’emergenza per una nuova scrittura di economia sociale
O

Il mondo del terzo settore, dell’associazionismo e del civismo attivo si sta interrogando su come ritrovare tracce e percorsi di futuro in un momento di crisi e difficoltà collettiva come questa, che da una prima emergenza sanitaria si sta trasformando sempre più in una emergenza anche economica e sociale grave con una evidente accentuazione delle fatiche di chi era già in difficoltà con nuove forme di malessere e che ha portato ad un aumento delle diseguaglianze e delle varie forme di povertà economica, educativa, relazionale di prospettiva.

Domande di futuro ispirate e guidate anche dalla faticosa e consapevole presenza che come cooperazione ed associazionismo in questo periodo abbiamo garantito sui territori così difficili ed ad alta tensione sociale, con migliaia di morti purtroppo. Noi c’eravamo e ci siamo, “che nessuno resti indietro” soprattutto in questo momento è una delle parole d’ordine con cui pensiamo dover scrivere le prossime tracce in cui l’economia sociale e solidale vuole dire la sua, con grammatiche diverse da prima, non più solo enti gestori ma protagonisti attivi di innovazione. Ci spinge proprio questa prossimità e vicinanza alle fatiche ed ai sacrifici dell’altro, a cui non abbiamo mai rinunciato, malgrado la chiusura di molti dei nostri servizi, la protezione difensiva necessaria di alcuni luoghi di accoglienza.

Misurandoci con nuove fatiche del vivere, che abbiamo vissuto con tutte le sue criticità ed attenzioni nelle nostre comunità territoriali, nei nostri servizi riorganizzati e nei progetti innovativi riscritti dal web, negli appartamenti dei nostri ospiti, in quelle giornaliere comunicazioni a distanza, ove necessario, nella distribuzione quotidiana di quelle piccole opportunità di sopravvivenza e sperimentando una distanza fisica, ma che è stata in molti casi vicinanza di sensazioni, affetti in forme e modi nuovi e che ci ha interrogato su come ed in quale direzione vogliamo andare oltre questa crisi.

Una situazione che non ha fatto che accentuare le nostre fragilità, nel tempo sospeso dell’emergenza con uno stato diffuso di spaesamento identitario. Quel sentimento così diffuso in questi giorni e che ha impattato in maniera trasversale alle generazioni e ai target sociali e che caratterizza ogni emergenza. Perché l’emergenza ci isola ed allo spaesamento aggiunge per i meno fortunati la solitudine, la fatica del sopravvivere e, nei contesti più fragili, accanto alla solitudine, si ampliano tensioni, conflitti e perdite di senso. In una situazione economica attuale complessiva difficile e con un impatto della crisi anche sull’economia sociale e sulle organizzazioni del Terzo settore che rischia di essere devastante, non ci possiamo e vogliamo accontentare semplicemente di tornare ripiegati alla situazione precedente. 

I motivi della crisi, le sue forme più tragiche e gli scenari che ci ha mostrato ci chiedono di riflettere profondamente su come vogliamo provare ad evolvere da questa situazione. Siamo consapevoli che le direzioni ed i percorsi d’uscita da questa crisi saranno le prime tracce di cosa potremmo essere domani non più gli stessi, non più la stessa “normalità” a cui eravamo abituati. I saperi diversi, gli intrecci con i punti di vista di altri da noi, un nuovo dialogo tra parti molto diverse della società ci aiuteranno ad evitare di andare in mare aperto senza bussola, continuando la nostra ricerca di pensieri lunghi, profondi e meticci e di prospettiva. L’elemento dirompente che la drammatica emergenza sanitaria e sociale ci consegna è la consapevolezza che un modello fondato sul pensiero unico del mercato e sulla priorità dei profitti non garantisce protezione alcuna, men che meno a chi la fatica del vivere la sperimenta quotidianamente (disabilità, tossicodipendenza, violenza di genere, povertà educativa, esclusione sociale e non solo).

La privatizzazione dei sistemi sanitari, i tagli draconiani sull’altare dei vincoli di bilancio, la mercantilizzazione della ricerca scientifica con una perdita di senso della tutela del bene comune, hanno trasformato un serio problema sanitario in una drammatica emergenza, che ha stravolto l’insieme delle società, la vita delle persone e le loro relazioni sociali, rendendo la precarietà una dimensione esistenziale generalizzata.

Quali possono essere gli scenari possibili che ci aspettano? Nella profonda attenzione alla crisi che stiamo affrontando, nella necessaria sopravvivenza anche dei nostri gruppi e delle persone che ci accompagnano, quali possono essere le ipotesi di cambiamento, trasformazione e innovazione possibili? Con un’attenzione fatta non solo di resistenza, ma anche di prospettiva verso approcci e modelli di economia sociale come motore dell’economia complessiva. Non più ancellari partecipanti, ma pensanti attori, ispirati anche dai temi dei nuovi modelli di impresa sociale (innovazione, start up, nuove economie circolari e ambientali), delle diverse forme di sviluppo di comunità (cooperative di comunità, lavoro sulle aree interne del paese, modelli innovativi di educazione e su una attenzione ritrovata per le periferie) con un nuovo ruolo delle varie forme di civismo sociale e di protagonismo di cittadinanza che in una cultura di co progettazione con gli enti locali e le altre varie espressioni territoriali riscrive coesione e nuovi modelli dello stare insieme, con un approccio ispirato ad un mix nuovo tra economia solidale, sociale e circolare.

Una nuova coesione sociale basata su più piani: una intrinseca alla società, ad uno stare insieme con una struttura molto fluida e cangiante che vede come protagonisti i cittadini (come singoli ma anche come famiglie ma anche come gruppi – penso ai quartieri, alle categorie, alle generazioni, alle culture ecc); Una estrinseca al sistema che deriva proprio dalle politiche che si mettono in atto per creare il collante, la coesione appunto, cio per permettere al sistema sociale di non implodere ma di resistere ai cambiamenti considerandoli opportunità. E i piloti di questa dimensione sono gli enti locali e il Terzo Settore che condividono il metodo della coprogettazione territoriale, che rappresenta un elemento di valore nella progettazione di un Welfare Efficace, Efficiente e Appropriato.


Riccardo De Facci è presidente nazionale CNCA, Coordinamento nazionale comunità di accoglienza

Più letti

spot_img

Articoli correlati

1 COMMENTO

  1. È possibile pensare ad una misura in grado di agire su molteplici aspetti contemporaneamente:
    – Eradicazione della povertà estrema
    – Riduzione delle disuguaglianze di genere e classe
    – Rafforzamento della coesione sociale
    – Lotta al precariato
    – Maggiore soddisfazione nel lavoro
    – Rimedio alla disoccupazione tecnologica
    – Maggiore resilienza e contrasto alla crisi climatica
    – Valorizzazione del lavoro domestico
    – Sostegno delle attività artistiche
    – Miglioramento della salute mentale
    – Riduzione dei crimini di proprietà
    – Contrasto alla violenza domestica
    – Riduzione della dipendenza da droghe e alcool

    È possibile, e questa misura si chiama Reddito di Base Universale:
    https://www.facebook.com/groups/IstituzioneRedditoDiBaseUniversalePetizione/permalink/652142035630278/

LASCIA UN COMMENTO

Per favore inserisci il tuo commento
Per favore, inserisci il tuo nome

Magazine