Una legge per la dignità delle persone
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Ogni storia di discriminazione e di violenza è una ferita per la Costituzione e la democrazia.

E lo è tanto di più quando a essere colpiti sono gli aspetti più intimi della personalità, e la dignità stessa degli individui. È questa la ragione più profonda delle proposte di legge in materia di contrasto della misoginia e dell’omotransfobia, sulle quali la Commissione Giustizia della Camera ha avviato in queste settimane la discussione.

Una legge difficile da raccontare ai non giuristi, ma non per questo meno urgente: una legge che, al di là delle strumentalizzazioni, parla di rispetto, di democrazia, di libertà e pari dignità e prova a dare risposta a una domanda di riconoscimento e protezione molto avvertita di fronte al moltiplicarsi di dolorosi episodi di discriminazione e violenza, fisica o verbale, ai danni delle donne e delle persone LGBT+. Anche l’emergenza sanitaria ha acuito, in questo ambito, contraddizioni profonde, disuguaglianze e vulnerabilità: e ad esse è necessario porre rimedio.

Lette congiuntamente, le proposte di legge – così come la bozza di testo unificato redatta dal relatore, il deputato PD Alessandro Zan, dopo un percorso di lavoro condiviso tra deputati e senatori in una “bicamerale” informale – si caratterizzano per un approccio integrato e complessivo a questi fenomeni. Il disegno legislativo, infatti, non si limita soltanto all’estensione di alcune delle fattispecie di reato già previste dalla cd. legge Mancino anche alle condotte motivate dal genere, dall’orientamento sessuale o dall’identità di genere delle vittime: accanto a questo, la proposta del M5S e la bozza di testo unificato mettono in campo azioni positive di prevenzione e di concreto supporto alle vittime. Non solo contrasto all’odio, dunque, ma anche e soprattutto promozione del rispetto; non solo repressione penale, ma anche costruzione di percorsi culturali; non solo lotta alle discriminazioni, ma anche rimozione degli ostacoli che impediscono il pieno sviluppo della persona, come recita l’articolo 3 della Costituzione, cui le proposte di legge danno diretta attuazione.

Cosa cambierebbe se la legge venisse approvata? Davvero, come temono alcuni, verrebbe limitata la libertà di manifestazione del pensiero? Davvero, come temono altri, si istituirebbe una condizione di “privilegio” per alcune persone, magari a danno di altre?

La risposta, dal punto di vista giuridico, non può che essere negativa.

Come accennato, infatti, l’intervento penale riguarda condotte – l’istigazione alla discriminazione e alla violenza e il compimento di atti discriminatori e violenti – già previste dal nostro codice penale e ne estende l’applicazione ai crimini d’odio che colpiscono le donne e le persone LGBT+. La giurisprudenza ha chiarito da tempo che i reati di istigazione sono compatibili con la libertà di manifestazione del pensiero, affermando che sono punibili solo le espressioni che determinino il concreto pericolo del compimento di reati. Anche nel caso della legge Zan, pertanto, non verrebbe punita qualunque opinione, ma solo quella capace di istigare alla discriminazione e alla violenza. Così, si potranno manifestare opinioni critiche verso lo stile di vita omosessuale (ad esempio richiamando la dottrina cattolica sul punto), come lecito in una democrazia, ma non si potrà per questo motivo insultare, né incitare alla discriminazione o alla violenza. D’altra parte, in un ordinamento fondato sul pluralismo delle idee, ma anche sul pieno rispetto della persona, la libertà di espressione non è priva di limiti e soprattutto non può ledere la dignità degli individui. Perché esiste la libertà, ma esistono anche la solidarietà, la responsabilità e il rispetto per l’altro.

Non si tratta, dunque, di una legge che regola la circolazione delle idee nello spazio pubblico ma – appunto – di una legge che tutela la dignità delle persone, e riconosce nel genere, nell’orientamento sessuale e nell’identità di genere dimensioni della personalità meritevoli di rispetto e protezione: un dato, peraltro, già consolidato nell’esperienza di moltissimi paesi europei e nella giurisprudenza delle corti sovranazionali.

L’Italia sta attraversando un momento difficile e sta provando ad immaginare e costruire il proprio futuro. Una buona legge contro l’omotransfobia e la misoginia avrebbe l’effetto di estendere i confini della cittadinanza, includendo nuove soggettività senza escluderne nessuna, contribuendo così a costruire una comunità più aperta e inclusiva, che sappia tenere assieme libertà ed eguaglianza, diritti civili e diritti sociali. Il futuro, allora, passa anche da qui.


Angelo Schillaci è professore associato di diritto pubblico comparato, Università di Roma “Sapienza”

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