Sabato scorso era il 27 giugno e nel quarantesimo anniversario della strage di Ustica, nella sala del Consiglio Comunale di Bologna e poi davanti al relitto del DC 9 al Museo per la Memoria sono stati assunti impegni importanti. Innanzitutto dalle istituzioni.
Con le parole del messaggio del Presidente della Repubblica Sergio Mattarella, rivolte ai Paesi alleati affinchĆ© finalmente collaborino a disvelare da quale aereo partƬ quel missile, diretto a colpire il Mig libico che volava sulla scia dellāaereo Itavia e a bordo del quale servizi segreti e forze Nato pensavano potesse essere Gheddafi. Con le parole del Presidente della Camera Roberto Fico, tese allo stesso obiettivo e a quello di rendere reali e concreti gli impegni per la desecretazione degli atti. Con quelle del Sindaco Virginio Merola e del Presidente Stefano Bonaccini, rappresentanti di istituzioni che hanno sempre accompagnato il dolore e la tenacia dei familiari delle vittime. E, naturalmente, con le parole di Daria Bonfietti, indomita Presidente dellāAssociazione Familiari, che in questo ruolo o in quello di parlamentare non si ĆØ stancata neppure per un attimo di battersi per la veritĆ , contro tanti muri di gomma, deviazioni e depistaggi.
Impegni importanti, dicevamo. Che non possono, non devono durare un giorno. Ecco perchĆ© ĆØ necessario che i fari non si spengano, che i tg, lāinformazione tengano accesa lāattenzione. Quellāinformazione, quel giornalismo dāinchiesta senza il quale – probabilmente – la strage di Ustica sarebbe stata rubricata come ācedimento strutturaleā, come un ānormaleā incidente aereo. Invece no, furono cronisti coraggiosi, tenaci (per primo Andrea Purgatori, che sabato non ha mancato di portare la sua testimonianza ). Giornalismo dāinchiesta che ha supportato il lavoro autonomo di una magistratura coraggiosa e con la schiena dritta ( a partire dal giudice Rosario Priore).
E che sostenne anche lāimpegno di Romano Prodi e Walter Veltroni nel Periodo del governo dellāUlivo per ottenere dal Segretario Nato Solana i tracciati radar di quella notte.
Per questo, il quarantesimo anniversario ĆØ stata insieme occasione per stimolare e assumere impegni stringenti dello Stato italiano e momento forte per riaffermare un dovere democratico: difendere, tutelare il coraggio e il ruolo insostituibile del giornalismo dāinchiesta. Contro ogni sorta di bavaglio. Contro intimidazioni, minacce.
Per la veritĆ su Ustica come sullāassassinio di Ilaria Alpi e Miran Hrovatin. Per Giulio Regeni. Lo ha ricordato efficacemente il Presidente FNSI Giulietti. E lo hanno ricordato nellāiniziativa che abbiamo promosso presso il Museo anche Sigfrido Ranucci, la storica Cora Ranci e il deputato bolognese Andrea De Maria. Per questo, per i giornalisti che sono costretti a vivere sotto scorta perchĆ© minacciati dalle mafie, dai neonazisti (da Saviano a Borrometi, da Ruotolo a Federica Angeli a troppi altri…), per i giornalisti fatti oggetto di querele intimidatorie ĆØ importante che il Parlamento faccia presto ad approvare la legge contro le āquerele bavaglioā.
Non cāĆØ dubbio, perĆ²: lāimpegno principale deve essere dello Stato Italiano, di tutto lo Stato. Occorre una iniziativa forte, leale nei confronti di Governi alleati perchĆ© rispondano alle rogatorie e perchĆ© aiutino la democrazia italiana a chiudere una ferita aperta, legata ad una notte in cui, in tempo di pace, si svolse una azione di guerra nel cielo sopra Ustica, che costĆ² la vita a ottantuno persone. Che violĆ² la sovranitĆ nazionale. E occorre un lavoro serio, rapido, perchĆ© carte secretate non lo siano piĆ¹ e siano messe a disposizione della Procura di Roma che ha un fascicolo aperto sulla strage. Fare presto, anche per non dare spazio a neodepistaggi, a tentativi di deviare la veritĆ e occultare i fatti.
La democrazia italiana ha ancora ferite aperte. Vanno rimarginate. Lo ha ricordato lāaltro giorno anche il segretario Zingaretti. In quegli anni, ancora anni di guerra fredda, lāItalia fu colpita piĆ¹ volte al cuore. Dalle stragi nere, dal terrorismo, dalle mafie. Dagli assassini politici come quello di Moro. Erano gli anni della P2. Pezzi dello Stato non stavano dalla parte giusta. Il Paese seppe reagire. Nonostante deviazioni e connivenze, la soliditĆ complessiva delle istituzioni e della democrazia italiana seppe prevalere. Ma chiudere quelle ferite, raggiungere la piena veritĆ su Ustica ĆØ un dovere di oggi. Per quelle vittime e per i loro familiari. Per il Paese.
Walter Verini ĆØ deputato e responsabile Giustizia del Partito Democratico