Quando ero piccolo, questi giorni erano elettrizzanti. Era da poco terminato l’anno scolastico, passavamo interi pomeriggi a tirare calci ad un pallone nel parco adiacente la vecchia scuola elementare.
Scorribande in bicicletta, ginocchi sbucciati e mille progetti per l’estate alle porte. Che alla fine non contava dove ti portavano i genitori, quello che importava veramente era il fatto che per 3 mesi riponevamo la cartella (ebbene si, negli anni ‘80 avevamo la cartella, gli zaini sarebbero arrivati dopo…) nell’armadio e passavamo intere giornate a giocare con in nostri amichetti.
Ieri ero da mio padre disteso in giardino, guardavo giocare mio figlio maggiore, di sei anni. Aveva la faccia triste, sembrava quasi che il gioco fosse una costrizione, che non gli desse piacere alcuno.
Mi avvicino, cerco di rendermi complice del gioco ma non apprezza. Gli domando cosa gira dentro la sua testolina, quale sia il brutto pensiero che gli ha spento il sorriso. La sua risposta mi lascia di stucco: “Babbo, quand’è che torno a scuola? Mi manca…”. Un bambino che desidera tornare a scuola a fine giugno è una cosa mai vista, in un mondo normale. Ma il mondo attuale normale non lo è.
Abbiano tutti sofferto gli effetti del distanziamento sociale, molti di noi hanno cominciato a soffrire di ansia, attacchi di panico, depressione. L’uomo è un animale sociale fatto per vivere in comunità, so lo si aliena si annichilisce.
Ai nostri bambini è andato via il sorriso, si sono trovati catapultati in una realtà parallela fatta di solitudine e spazi ristretti. La scuola è socializzazione, a scuola non si va solo per apprendere la cultura ed il linguaggio.
La scuola prima di tutto è palestra di vita, ci insegna come si sta in gruppo, si impara a socializzare, a rispettare le idee degli altri, a capire che è più importante il “noi” dell’ “io”. A scuola si piange per un compito andato male ma si sorride subito dopo quando il compagno di banco che ti vede triste si mette a scimmiottare la maestra per farti passare la tristezza.
Ai bambini è stato tolto tutto ciò, per troppo tempo. Il lockdown ha fatto si che trascorressero le loro giornate in camera a giocare, a disegnare, a guardare i cartoni. I primi giorni tutti erano felici di rimanere in casa con mamma e papà, era un sogno che si avverava: scuola chiusa, estate anticipata!
Purtroppo presto si sono resi conto che non era così, la loro libertà era confinata nelle mura domestiche, non sarebbe bastato. E gli scenari che si prospettano non sono dei più rosei.
Ho appena finito di leggere il documento tecnico del MIUR. Al di là dei dati sciorinati in maniera dettagliata e puntuale, sulla base dei quali si conclude che occorre continuare con la distanza di sicurezza, l’igiene e il limite numerico di aggregazione, una cosa mi ha colpito in modo particolare.
La trascrivo: “…ancora oggi nel nostro Paese si registrano disuguaglianze che coinvolgono i bambini in particolare nelle aree gravate da disagio, degrado, povertà e difficoltà sociali. In Italia dei 9.700.000 soggetti in età compresa tra 0 e 18 anni, 1.600.000 sono in condizioni di povertà.”
Il 12% dei bambini italiani è definito povero!
Non sarebbe il caso, oltre a pensare ovviamente al rientro in sicurezza, di progettare un modello scolastico e di welfare completamente nuovo? Oggi più che mai è necessario fare di tutto per cercare di ridurre disuguaglianze sociali, economiche e culturali.
A partire proprio dalla scuola, fornendo gli stessi strumenti e le stesse opportunità a tutti i bambini. Sussidi alle famiglie, buoni spesa per materiale didattico e tecnologico, connessione alla rete garantita a tutti gli alunni. Tirocini formativi che costituiscano concrete possibilità di inserimento nel mondo del lavoro.
Se non investiamo pesantemente nel welfare garantendo vera giustizia sociale, c’è ovviamente il rischio che all’interno di quel milione e seicentomila bambini molti non finiranno le scuole e diventeranno bacino di reclutamento della criminalità organizzata.
Perché laddove lo Stato non è presente e non garantisce un futuro, si espande l’ombra delle mafie e della delinquenza.
I nostri bambini sono il mondo del domani, non possiamo assolutamente permetterci di perderli per strada negando loro un futuro fatto di dignità e giustizia. Quindi dobbiamo agire, subito, sfruttando i fondi che l’Europa ci ha messo a disposizione. Domani sarà già troppo tardi.