Il settore spettacolo è in crisi e ha bisogno di attenzione e cura da parte della politica affiancata da professionisti competenti che conoscano la complessità del sistema e le sue fragilità. Una frase celebre di Frank Zappa torna più attuale che mai: “Scrivere di musica è come ballare di architettura” ed esprime in pieno la difficoltà di spiegare un mondo perlopiù sconosciuto e sottovalutato.
Già, perché il nostro retaggio culturale, formatosi e radicatosi nel dopoguerra, fatica ancora a vedere come lavoro tutte quelle attività produttive legate alla cultura e all’intrattenimento. La demonizzazione di parole come “discoteca” e l’utilizzo improprio del termine “movida” hanno contribuito a formare un immaginario comune completamente diverso dalla realtà costituita da persone, aziende ed indotto economico. Lo stesso settore non è esente da colpe se guardiamo alla sua disgregazione interna, alle faide fra promoter, alla bolla dei cachet (compenso degli artisti) e alla mancanza di rappresentanza e lobby.
Lo spettacolo raggruppa una serie interminabile di lavoratori, di mansioni, di strutture e sovrastrutture che spesso sottostanno a una fila altrettanto infinita di leggi e normative che gli stessi operatori culturali faticano a conoscere, figuriamoci i politici a cui si spera arrivino gli accorati appelli di questo periodo. Allora dobbiamo chiederci se il settore possa per la prima volta essere aiutato attraverso una riforma che metta ordine e crei terreno fertile per la sua rinascita, sfruttando per una volta, il momento di emergenza per una coraggiosa liberalizzazione del sistema.
Quali strade percorrere? Proviamo per un attimo a dimenticare le richieste di aiuto economico e di assistenza e pensare a quello che sarà poi, perché se i locali chiudono e aziende falliscono spesso l’emergenza ne è stata acceleratore non la causa fondante. Le strade da percorrere sono due e sono entrambe fondamentali per portare il settore all’eccellenza, perché dobbiamo provare anche a cambiare ambizione, non pensare solo a salvare o a migliorare leggermente le cose, ma puntare in alto per creare un sistema d’avanguardia.
Gli operatori possono sfruttare questo periodo di inattività per creare le basi di una rappresentanza meno frammentata, un regolamento etico (vedi vicenda rimborso biglietti con i voucher) e smaltire le tossine della bolla di un’economia dopata dalla liquidità delle multinazionali del ticketing per l’acquisizione di quote. Altra strada, parallela ma altrettanto fondamentale, la deve percorrere la politica con una riforma complessiva che possa stimolare la base del settore e dare nuovo impulso alla vitalità degli operatori. Adesso abbiamo l’occasione per proporre una riforma, auspicabilmente condivisa e trasversale, che miri al benessere comune, allo sviluppo, alla cultura diffusa.
Perché è importante il sistema spettacolo? Partiamo dal presupposto che ogni settore contribuisce al sistema Paese in termini di economie e posti di lavoro e probabilmente lo spettacolo è sottovalutato rispetto ai suoi numeri, ma il punto importante è la sua rilevanza sociale. L’arte, la cultura e l’intrattenimento hanno una ricaduta sulla società fondamentale per il benessere, la crescita e la formazione delle persone. Non è possibile parlare di cultura non pensando al suo inestimabile valore e a quanto questo incida per la qualità della vita nella comunità e nella sua evoluzione di pensiero. Lo spettacolo ha anche un ruolo di leadership e di traino per turismo, moda, trasporto e commercio, tutti settori che godono di indotto economico dovuto agli eventi. Riprova ne sono le città deserte di questo periodo che senza eventi nelle piazze, nei cinema nei teatri non riescono a risultare attrattive.
Quali sono le rappresentanze attuali? Attualmente il settore vede un elenco lunghissimo di sigle più o meno riconosciute di associazioni di categoria, sindacali e forum che stanno provando, anche in maniera purtroppo confusa, a rimediare a decenni in cui si è ottenuto poco o niente. Alcuni esempi: Le discoteche di ritrovano sotto la sigla del SILB (sindacato dei locali da ballo), Assomusica rappresenta gli organizzatori e in particolare le grandi agenzie e promoter, Keepon è l’associazione di categoria per locali e festival; AGIS a rappresentanza principalmente dei cinema. Ci sono poi tutte le diverse categorie di lavoratori che hanno una propria sigla di riferimento e non ultimo i movimenti spontanei nati nel pieno dell’emergenza come “La Musica che Gira”e il “Forum Arte e Spettacolo” che stanno cercando di portare avanti istanze in un periodo sovraeccitato.
Cosa può fare una riforma? La filosofia di una riforma efficace deve partire dal termine “liberalizzazione” cercando con coraggio di tradurlo come opportunità e libertà, non come assenza di regole o regia pubblica. Bisogna creare tutte le condizioni perché si possa tornare a produrre attività culturali e di spettacolo avendo margini economici e semplicità di esecuzione. Si deve partire dalla creazione di Codici ATECO per attività imprenditoriali con finalità culturali che possano permettere un riconoscimento a livello legislativo ed evitare i pasticci nei provvedimenti di accorpamento dei locali e festival allo sport e delle discoteche a night club. La riforma non può che non tenere presente l’anacronismo del monopolio SIAE per l’intermediazione del diritto d’autore, che presenta delle situazioni di gestione obsolete ed appesantite da decenni di trasformazioni a cui non ci si è normativamente adeguati che rendono urgente una nuova legge sul diritto d’autore.
Dal punto di vista fiscale è utile uniformare l’aliquota IVA sui biglietti degli spettacoli e sui prodotti culturali oltre che è giunto il tempo di abolire, o perlomeno ridurre significativamente, l’ISI (imposta sugli spettacoli), cosa che potrebbe ridare respiro economico agli operatori cultuali. Uniformare le capienze di pubblico spettacolo permetterebbe agli organizzatori di lavorare con regole chiare e con possibilità di redigere business plan previsionali sulle possibili affluenze. Il reinserimento dei voucher lavorativi per tutte quelle mansioni a carattere temporaneo per diretta espressione dell’esecuzione dello spettacolo come ad esempio maschere di sala e cassiere di biglietteria che eliminerebbe costi superflui e garantirebbe una maggiore liquidità sia per i datori che per i lavoratori. Infine un ultimo tema delicato che però ha rilevanza sociale e di uniformità è l’abolizione del limite orario delle ore 3 per la somministrazione di bevande alcoliche. Dovremo continuare a puntare sull’educazione e che questa abbia un ruolo fondamentale, cosí come la cultura e i controlli stradali da parte delle istituzioni come avviene nel resto dei paesi d’Europa. Una legge che ha creato due tipologie di locali: quelli che rispettano e quelli che non rispettano questo limite orario con un enorme danno al settore senza che questa legge abbia avuto poi una vera ricaduta sulla questione degli incidenti stradali e sull’abuso degli alcolici.Basta pensare alle discoteche dove questa norma, se rispettata, non prevede la sopravvivenza delle stesse. Quindi cosa succede? La maggior parte dei locali lavora fuori legge e questo non è una buona cosa per nessuno.
Quali tempi e modi? Una riforma auspicata e necessaria da 50 anni non si realizza nell’urgenza e in poche settimane: Cambiare radicalmente le norme di un settore ha bisogno di tempo, di studio e competenza. E’ il tempo per metterci mano, con l’orizzonte che nei primi mesi del 2021 si possa avere un testo di legge da discutere, con le parti sociali, i professionisti, le associazioni di categoria, i sindacati. Ma anche con tutte le parti politiche. Perché la riforma che vogliamo è una riforma per il paese (si, la produzione culturale e aggregativa è centrale nel nostro paese), non è una bandiera da sventolare. La speranza è che ognuno faccia la propria parte.
Andrea Pontiroli è un imprenditore culturale milanese, *Management Santeria S.r.l.
Ci troviamo in un momento di cambiamento senza precedenti, e abbiamo una scelta: chiudere i boccaporti e lasciare che la nostra industria – e molte altre industrie intorno a noi – si riducano nelle loro ambizioni e dimensioni, o vedere questa come un’opportunità per un rinascimento creativo costruito su strutture più giuste e più umane?
— Thomas Hescott, regista e direttore esecutivo di Stage Director UK
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