Disabile e mamma. Noi ci siamo!
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Quando ho scoperto di essere incinta è stato un insieme di emozioni e sensazioni. Uno scombussolamento cercato a lungo che improvvisamente mi trovavo a dover affrontare.

La prima cosa che mi è venuta da fare è stata quella di cercare su google possibili conseguenze derivanti dalla mia disabilità. È normale per la mia generazione pensare di trovare sul web le risposte alle proprie domande, nel mondo in cui wikipedia è considerato il detentore del sapere.

Ma più cercavo risposte alle mie domande, più non trovavo nulla. Come se il tema di una donna disabile che diviene mamma fosse quasi fosse un tabù. Ovviamente esperienze ce ne sono eccome, ma nessuno aveva mai raccontato la propria e in quel momento mi sono trovata davanti ad un interrogativo.

Lasciare che la mia gravidanza fosse un fatto privato e godermela come tutte le donne che aspettano un bimbo oppure far sì che diventasse un’esperienza collettiva, trasformandola in un diario nel quale ognuno potesse riconoscere una parte della propria storia e condividere un percorso.

Non ho mai nascosto paura e difficoltà, così come ho raccontato ogni stereotipo e ogni pregiudizio che mi sono trova ad affrontare, molte persone per esempio mi chiedevano se fossi ingrassata al settimo mese di gravidanza.

Oggi questo percorso è diventato e continua ad essere il punto di riferimento per molte ragazze, molte donne disabili e non, che vogliono raccontare le proprie esperienze, dare un consiglio o semplicemente partecipare ad un diario collettivo.

Ovviamente la disabilità rappresenta un modo diverso di affrontare la sfida della maternità, le paure, la gioia e le conquiste di quella che è considerata una delle esperienze più belle della vita.

Una persona disabile che affronta una gravidanza sicuramente ha bisogno di molti strumenti in più o comunque diversi da una donna cosiddetta normodotata. Avendo impiegato un po’ di tempo a rimanere incinta, ho avuto la possibilità di creare intorno a me una rete di professionisti pronti ad intervenire cercando di affrontare nel modo più corretto possibile ogni difficoltà: l’oculista, l’ortopedico, il fisioterapista, il tecnico per gli ausili ortopedici e ovviamente la ginecologa a cui si sono aggiunti ulteriori professionisti con Il manifestarsi del diabete gestazionale.

È difficile però mantenere la lucidità quando si rimane incinta, soprattutto è difficile riuscire a capire di che cosa effettivamente si ha bisogno, prevenendo il più possibile ogni difficoltà. Ció di cui ho sentito la mancanza è stata la possibilità di avere una rete di assistenza precostituita che riuscisse ad assistere ogni bisogno.

Insomma, quando una donna normodotata rimane incinta sa già che c’è un percorso di analisi cliniche di controlli e di ecografia alle quali si dovrà sottoporre durante 9 mesi, una donna che disabile che rimane incinta si trova di fronte un salto nel buio.

Questo è un tema che non si è mai affrontato, come se le persone con disabilità fossero angeli asessuati o come se la genitorialità non possa essere un’esperienza che possa riguardarli. Basti pensare alla difficoltà di trovare strutture mediche ginecologiche con dei lettini che facilitino la salita e la visita Che delle donne con disabilità.

Invece eccoci, forse non saremo molte, ma sicuramente è arrivata l’ora di gridare con forza: noi ci siamo!

Dopo pochi mesi dalla nascita di mio figlio Giacomo, il mondo è stato stravolto dal coronavirus, una pandemia che ci ha colto tutti impreparati e ci ha mostrato ancora di più quanto sia difficile poter contare solo sulle proprie forze.

Da un giorno all’altro mi sono ritrovata con un bimbo piccolissimo, senza i supporti dei quali avevo potuto beneficiare fino al giorno prima e con un mostro sconosciuto fuori della porta di casa. È stato destabilizzante, è stata un’esperienza dura che mi ha dato la possibilità di scoprire nuove risorse e abilità che neanch’io sapevo di avere.

Adesso che insieme dobbiamo ripartire, spero che l’Italia e l’Europa utilizzino l’esperienza della pandemia e le risorse per ripartire, anche per riscrivere insieme il welfare europeo e nazionale, iniziando da un nuovo modello di inclusione delle persone con disabilità che parta dalla scuola e riesca a garantire a tutti le pari opportunità.

Non solo nell’accesso alle cure e ai servizi, ma anche nell’accesso alla vita sociale dalle scuole, ai bar, alle discoteche, ai trasporti, alle biblioteche e ai cinema. Perché sono il fulcro della socializzazione, della costruzione delle relazioni interpersonali, della vera inclusione sociale. Perchè noi ci siamo.

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