Più donne ai vertici. Perché serve ora raggiungere la parità, anche nel Pd
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A 25 anni da Pechino anche per Roma è tempo di bilanci sui progressi compiuti rispetto agli obiettivi strategici sottoscritti allora, in particolare sull’accesso paritario a ruoli e responsabilità di vertice. Un compito per chi ha responsabilità di governo e istituzionali, per le forze politiche (su questo fronte un segnale molto positivo arriva dalla proposta bipartisan a prima firma Pinotti per la promozione dell’equilibrio di genere negli organismi pubblici in attuazione dell’articolo 51 della Costituzione), per le comunità sociali, culturali, i movimenti, le associazioni, i sindacati, le organizzazioni datoriali. Per tutti quei soggetti, insomma, che concorrono al progresso della società.

Un compito anche per noi, donne democratiche che – insieme a tanti uomini – crediamo e sappiamo che il cambiamento che serve al Paese si può realizzare solo attraverso la piena inclusione dei saperi, delle competenze, delle esperienze, dei talenti femminili, dello sguardo delle donne nelle politiche, le scelte, le azioni che vengono messe in campo.

E’ quindi rispetto all’obiettivo del rafforzamento della partecipazione e delle donne in tutti i settori della vita politica, sociale, economica, culturale, del superamento delle disuguaglianze e discriminazioni di genere nell’accesso al potere, che come Partito Democratico, come prima forza progressista e riformista italiana, dobbiamo chiederci a che punto siamo. Si tratta infatti di uno dei target principali della piattaforma di Pechino, dell’Agenda 2030 dell’Onu, ma anche di un principio fondamentale contenuto nell’articolo 3 della nostra Costituzione e nell’articolo 3 del nostro Statuto nazionale.

E’ qui infatti che si legge che il Partito Democratico si impegna a rimuovere gli ostacoli che si frappongono alla parità di genere nella partecipazione politica; assicura, a tutti i livelli, la presenza paritaria di donne e di uomini non solo nelle candidature alle cariche elettive ma anche negli organismi di garanzia ed esecutivi interni; persegue l’obiettivo del raggiungimento della parità fra uomini e donne per le cariche monocratiche istituzionali e interne.

Un obiettivo che, a 13 anni dalla fondazione e all’analisi della composizione attuale delle apicalità monocratiche e degli organismi collegiali sul piano nazionale, regionale e cittadino, stiamo ancora perseguendo mentre nel mondo si afferma, si rafforza, si diffonde un protagonismo femminile nella società soprattutto – il movimento per il clima è oggi un movimento a forte trazione femminile e femminista – assolutamente dirompente.

Protagonismo che i partiti politici, già da Pechino sollecitati a riesaminare le strutture e le procedure interne allo scopo di “eliminare tutte le barriere che direttamente o indirettamente creano discriminazioni nei confronti della partecipazione delle donne” e “ad assicurare la partecipazione delle donne alla guida dei partiti politici in modo paritario”, dovrebbero ambire, e nel caso del Pd deve ambire – a riflettere e rappresentare.

Ragione per la quale è senz’altro utile – di più, necessario – interrogarsi sulle leve ancora da azionare per riequilibrare nei fatti, oltre che nelle intenzioni, le apicalità e quindi le responsabilità all’interno del nostro partito. Raggiungere l’obiettivo di una paritaria partecipazione delle donne e degli uomini ai processi decisionali all’interno di una comunità politica non è solo importante.

E’ determinante per rafforzare la democrazia e promuovere azioni e politiche più eque, sostenibili, paritarie e affinché gli interessi delle donne, che sono la maggioranza della popolazione (al 31 dicembre 2019 secondo dati Istat le donne sono 1 milione 600 mila in più degli uomini), vengano rappresentati e presi concretamente in carico.

Nei giorni scorsi il tavolo di lavoro sulle regole e il partito che si è costituito nell’ambito dei gruppi di lavoro delle donne democratiche di Roma ha formulato e avanzato alcune proposte di merito condivise in occasione dell’assemblea telematica cui ha partecipato anche la neo portavoce della Conferenza nazionale delle donne democratiche Cecilia D’Elia.

Eccole. Applicare la norma antidiscriminatoria, che prevede che nessun genere può essere rappresentato al di sotto della soglia del 40%, a tutti gli organismi del Partito Democratico di Roma laddove non sia possibile rispettare l’indicazione statutaria del 50 e 50. Prevedere che i ruoli di segretario e vicesegretario siano ricoperti da persone non dello stesso genere. Estendere anche ai livelli municipali e di sezione la scelta già adottata a livello cittadino di non concedere il simbolo a iniziative, eventi, incontri, seminari, convegni ecc… in cui nella composizione dei panel la presenza delle competenze del genere meno rappresentato sia inferiore al 40% del totale dei partecipanti. Promuovere ricerche e raccolte dati periodiche sulla partecipazione delle donne alla vita politica a livello nazionale, regionale e locale e sull’impatto della legislazione e delle politiche nazionali di genere nonché iniziative di formazione per donne e uomini, sui temi della parità, della condivisione, dell’empowerment e del mainstreaming femminile.

Si tratta di un contributo. Possono esserci altre strade, altre proposte. Ben vengano! Condividiamole, adottiamole, pratichiamole. In fretta però. Perché per cogliere la sfida del cambiamento bisogna decidere di decidere. Chi? Donne e uomini insieme, in relazione positiva, rispettosa, inclusiva, non discriminatoria. Questa è la condizione trasversale a tutte le altre per rendere la nostra comunità politica più forte, più rappresentativa, più utile al benessere, alla crescita, al progresso delle nostre città e del nostro Paese. Possiamo farlo, dobbiamo volerlo fare.

Claudia Daconto fa parte della segreteria Pd Roma e della Direzione nazionale Pd

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