Love is not tourism, perché è giusto riunire ciò che il virus ha diviso
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Le limitazioni ai viaggi e agli spostamenti sono state tra le conseguenze più visibili della pandemia da Covid-19. Tutti abbiamo visto la nostra vita cambiare radicalmente: attività che prima sembravano scontate e naturali, come prendere un treno o prenotare un aereo, sono diventate impossibili, con un impatto drammatico per la vita privata di tante persone.

Anche ora che gli spostamenti in area Schengen sono ripresi, però, la normalità continua a essere lontana per decine di migliaia di coppie bi-nazionali, che non sono sposate e non sono riconosciute da una qualche forma di unione. A causa delle limitazioni che sussistono per le frontiere esterne dell’area Schengen, solo alle coppie sposate o unite civilmente è permesso il ricongiungimento: per tantissime persone che hanno una relazione non riconosciuta legalmente, magari con figli, in gravidanza, o in procinto di spostarsi, è ancora oggi impossibile ritrovarsi, perché vengono considerate turisti a tutti gli effetti.

Negli scorsi giorni abbiamo ricevuto tantissime segnalazioni da queste coppie. Chiedono tutele e supporto da parte delle istituzioni europee. Chiedono semplicemente di poter riabbracciare i propri partner e i bambini, di poter capire come vivere il resto dell’anno. Per questo è nata la campagna Love is not Tourism, l’amore non è turismo, che mira a riconoscere il diritto di queste coppie a ricongiungersi, chiedendo alla politica di risolvere il problema prevedendo misure che riconoscano il loro status.

In questa fase è sicuramente fondamentale garantire la sicurezza di tutti e il rispetto dei protocolli sanitari, monitorando l’andamento dei contagi delle varie zone del mondo; al tempo stesso, però, è essenziale tutelare chi è stato costretto a vivere lontano dalle persone amate, come partner o figli, e chiede di rivederle dopo mesi di difficoltà e apprensione.

Insieme ad altri eurodeputati, ho supportato la campagna all’interno delle istituzioni europee, inviando una lettera alla Commissione Europea e al Ministro degli Interni tedesco Horst Seehofer (la Germania ha la presidenza del Consiglio dell’UE in questo semestre) sollevando il problema; in seguito, con la collega eurodeputata PD Patrizia Toia abbiamo scritto al Ministro Lamorgese per chiedere che anche l’Italia segua l’esempio di quei Paesi che stanno prevedendo eccezioni per le coppie binazionali separate.

In particolare, chiediamo che si segua l’indicazione della Commissaria Europea per gli Affari Interni, Ylva Johansson, a utilizzare la definizione più ampia possibile di “relazione” nello stabilire chi può entrare in UE, in modo da andare incontro ai tanti che in queste mesi vivono disagi. In questo senso, un modello può essere rappresentato dalla Danimarca, che ha deciso di applicare una definizione ampia di “affetti stabili”, permettendo il ricongiungimento di chiunque sia negativo al tampone.

Negli scorsi giorni alcuni Paesi hanno modificato le norme sui ricongiungimenti, riconoscendo le esigenze delle coppie binazionali. Come eurodeputati PD, continueremo a fare il nostro lavoro per permettere a migliaia di coppie e famiglie di vivere serenamente, tutelando i loro diritti e i loro bisogni, e permettendo a tantissime persone di vivere serenamente la loro vita affettiva.

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