Il diritto di bambine, bambini e adolescenti a essere rispettati e tutelati, sempre
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Il caso della copertina del settimanale Gente che ha fotografato in un momento privato e pubblicato senza autorizzazione dei genitori l’immagine in costume (volto pixellato, resto del corpo no) della figlia minorenne dell’ex capitano della Roma Francesco Totti e della conduttrice televisiva Ilary Blasi, non è purtroppo il primo né tantomeno l’unico in cui si configura un abuso a danno di una persona di minore età e la violazione di numerose norme nazionali e internazionali. Già nel 2015, per esempio, fece discutere la copertina di Oggi dedicata alla figlia di Eros Ramazzotti e Michelle Hunziker la cui foto era accompagnata dalla didascalia “tale madre tale figlia (anche nel lato B)”.

Oggi tuttavia, grazie a un’accresciuta attenzione e a progetti specifici sul tema dell’educazione e della formazione per un uso responsabile della rete c’è sicuramente più consapevolezza dei rischi e delle conseguenze negative di determinati messaggi, immagini e contenuti e della loro diffusione in rete che i social network possono rendere virale. Una sensibilità che, nel caso specifico, ha per esempio innescato la giusta reazione pubblica dei genitori della tredicenne che sui loro social, con le stesse parole, hanno attaccato la scelta della direttrice del settimanale di non curarsi “del problema sempre più evidente della sessualizzazione e mercificazione del corpo delle adolescenti”.

Un tema che investe giornalisti, editori e l’intero mondo dell’informazione nel suo complesso insieme a tutte le altre realtà sociali, culturali, politiche del nostro Paese. Tutelare sempre bambine, bambini e adolescenti, rispettandone l’immagine e la privacy, è infatti un principio fondamentale sia a livello nazionale che internazionale, sottoscritto formalmente dall’Italia e introdotto nei codici deontologici di diverse categorie professionali. Venir meno a tale impegno e principio significa non solo offendere una sensibilità ma anche violare leggi, norme, patti.

Dall’articolo 31 della Costituzione che impegna la Repubblica a proteggere “la maternità, l’infanzia e la gioventù, favorendo gli istituti necessari a tale scopo”, al Trattato di Lisbona (2007) e della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea (2000) che, in ambito europeo, individuano nella tutela dei diritti dei minori un principio fondamentale,  alla Convenzione Onu del 1989 – divenuta legge dello Stato nel 1991 – che impone a tutti di collaborare per predisporre le condizioni perché i minori possano vivere una vita autonoma nella società, nello spirito di pace, dignità, tolleranza, libertà, eguaglianza, solidarietà e che fa divieto di sottoporlo a interferenze arbitrarie o illegali nella sua privacy e comunque a forme di violenza, danno, abuso mentale, sfruttamento.

Molto importante anche la Carta di Treviso, il protocollo firmato il 5 ottobre 1990 da Ordine dei giornalisti, Federazione nazionale della stampa italiana e Telefono azzurro sui limiti del diritto di cronaca di fronte al diritto primario dei bambini e degli adolescenti a veder tutelata la propria identità, personalità, immagine, non solo quando sono coinvolti in reati, al fine di preservarne lo sviluppo psichico, emozionale e sociale. Un documento integrato 5 anni dopo dal Vademecum del 25 novembre 1995, aggiornata il 30 marzo 2006 con l’estensione della tutela dei minori ai mezzi di comunicazione digitali, entrata dal 3 febbraio 2016 come parte integrante del “Testo unico dei doveri del giornalista” e che oggi potrebbe essere ulteriormente aggiornata.

Concordo infatti con la proposta di Telefono Azzurro di promuovere una versione aggiornata della Carta di Treviso che, come ha spiegato il responsabile dei progetti di apprendimento e sviluppo digitale Salvatore Conte, includa in maniera più precisa e puntuale l’evoluzione digitale. Una foto in copertina, come dimostra la vicenda da cui siamo partiti, ha una “vita digitale” molto più lunga di quella cartacea e i mezzi d’informazione devono tenere conto dell’incredibile espansione che l’innovazione tecnologico ha impresso allo spazio e al tempo in cui una notizia, una foto, un contenuto viene diffuso e “consumato”, con tutte le conseguenze che tale espansione può avere soprattutto quando quel contenuto lede i diritti delle persone e in particolare dei minori.

Non è in discussione il diritto di cronaca ma bisogna sapere che il fondamentale diritto all’informazione, iscritto nell’articolo 21 della Costituzione, può trovare dei limiti quando venga in conflitto con i diritti dei soggetti cui è riconosciuta una tutela privilegiata rispetto alla loro integrità psico-fisica, affettiva e di vita di relazione. Lo prevedono, peraltro, l’articolo 2 della legge istitutiva dell’Ordine dei Giornalisti (n. 69 del 3 febbraio 1963) laddove nel primo comma si legge che “è diritto insopprimibile dei giornalisti la libertà d’informazione e di critica, limitata dall’osservanza delle norme di legge dettate a tutela della personalità altrui” e il codice deontologico allegato al Codice in materia di protezione dei dati personali (decreto legislativo n. 196/2003).

E d’altra parte, non risulta improprio domandarsi e domandare cosa abbia a che fare con il diritto a informare e a essere informati la pubblicazione in copertina del corpo in costume di un’adolescente ripresa a sua insaputa e sbattuta su una rivista senza alcun consenso né da parte sua né dei genitori. C’è interesse pubblico a pubblicare quella foto? No (se non si scambia l’interesse pubblico con il voyerismo). C’è violazione dell’immagine e della privacy di una minorenne? Sì.

Per questo l’informazione, sia quella dipendente dal servizio pubblico (che deve, in base al contratto di servizio, “garantire la tutela dei minori, osservando scrupolosamente tutte le norme poste a tutela del loro corretto sviluppo fisico, psichico e morale, anche nell’offerta non specificamente dedicata”) che da società editrici private, deve porre grande attenzione rispetto al rischio di sfruttamento da parte degli adulti dell’immagine e delle attività dei minori. E, contestualmente, promuovere, insieme a tutti gli altri soggetti coinvolti – scuole, famiglie, associazioni, forze politiche – azioni mirate a garantire un ambiente positivo per la crescita dei più piccoli, favorire relazioni rispettose, coltivare l’autostima e la consapevolezza di sé e nel rapporto con gli altri.

E’ un impegno comune, che riguarda tutti e da cui dipende il futuro e la qualità delle relazioni umane e civili, il rispetto dei diritti, dell’integrità fisica e psicologica delle persone, la crescita delle nostre bambine e dei nostri bambini.

Valeria Fedeli è Capogruppo Pd commissione di Vigilanza Rai

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