“Canto i grandi per contrastare il populismo dilagante”. Intervista a Neri Marcorè
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Cantante, imitatore, attore: abbiamo imparato a conoscere Neri Marcorè ed apprezzare la sua capacità di trasformista negli anni. E ora, dopo il lockdown e lo stop forzato, lo ritroviamo al suo posto, sulla scena. L’occasione è la Festa nazionale dell’Unità di Modena dove torna in veste di cantastorie, insieme a Domenico Mariorenzi, con lo spettacolo “Le mie canzoni altrui”, un concerto che è un vero e proprio percorso musicale fra i grandi della canzone italiana: De Gregori, Fossati, Silvestri, Gaber solo per fare qualche nome.

Ma lo spazio per le imitazioni c’è stato anche qui. In un incontro privato prima del concerto, l’artista marchigiano ha infatti incontrato il premier Conte (ospite per la prima volta alla festa dem) ‘vittima’ delle imitazioni di Marcorè. Ma un confronto tra voci non c’è stato, assicura l’artista, se non per qualche battuta: “Non si fanno mai le imitazioni vicino all’imitato”. Il Presidente del Consiglio non si affatto offeso, anzi è stato al gioco cordialmente ricevendo anche i complimenti per alcuni passaggi del suo percorso politico.

Come hai vissuto questa strana estate 2020?

Per me è stata una estate piena. Forse addirittura più piena di altre stagioni, avendo avuto all’attività decine di serate in giro per l’Italia. Ci siamo rimessi in moto subito: da quando c’è stata data la possibilità di ricominciare a fare spettacoli dal vivo io mi sono messo a disposizione con formazioni ridotte anche per poter sostenere i costi degli spettacoli che inevitabilmente sono rimodulati dalla contingenza. Avevo bisogno di ritrovare il contatto con il pubblico, anche se nel periodo di lockdown non lo avevo mai perso grazie anche all’ospitalità di Luca Barbarossa nel programma radiofonico ‘Radio2 Social club’. E poi bisognava ripartire anche per rimettere in moto l’economia delle maestranze, dei vari tecnici e musicisti.

Anche con le mascherine, il distanziamento e gli accessi limitati?

Noi essere umani abbiamo un adattamento migliore di qualunque altri animale. Anche questa situazione, che ci sembrava impossibile da dover vivere, invece è ormai diventata normalità. Ma il futuro sarà come prima.

Nel bene e nel male? Ma non doveva essere migliore?

Io ho sempre creduto poco negli insegnamenti che avremo dovuto imparare dal Covid. Chi da sempre, e per sua natura, interpreta quello che succede nella vita in maniera positiva fa dei progressi nella propria evoluzione, altri no. Chi ha vissuto questa esperienza come un ostacolo oggi ha solo la frenesia di recuperare tutto quello che ha perso il più velocemente possibile. La retorica dell’ “Andrà tutto bene” poteva andar bene per i bambini, per spiegargli cosa stavano vivendo, ma non per gli adulti consapevoli. E poi vai a dire questa frase a chi ha perso un familiare o un amico…

A te cosa ha insegnato questo periodo?

Sicuramente, per me che sono abituato a girare molto, rimanere a casa con la mia famiglia è stato un tempo quasi regalato. Mi sono fermato come non avevo mai fatto in passato e anche oggi che ho ricominciato a girare mi rendo conto che non lo faccio con lo stesso atteggiamento di prima. Ho imparato poi a dimostrare in maniera diversa l’affetto che ho verso i miei congiunti e amici. Ed anche questa non è una conquista da poco.

A proposito di affetti, alla Festa dell’Unità di Modena porti in scena ‘le tue canzoni altrui’. Da De Andrè a De Gregori passando per Gianmaria Testa…

E’ una selezione che cambia ogni volta, che si rimodula e si rinnova ad ogni concerto. Ma ci sono delle costanti. La prima parte del concerto si concentra sui temi delle migrazioni e in generale degli spostamenti in cerca di futuro e speranze, con l’esecuzione di brani come ‘Barcarolo albanese’ di Samuele Bersani o ‘Ho sognato una strada’ di Fossati. E poi c’è una seconda parte che riguarda le canzoni di Fabrizio De Andrè e De Gregori.

Lo possiamo definire un concerto politico o che almeno prende posizione?

Direi proprio di sì. Anche solo riflettere sulla banalità dei confini o delle ostruzioni che non hanno nessuna speranza di essere più forti della fame e della disperazione, è un atto politico che contrasta il populismo dilagante. In fondo la politica, in senso ampio, si fa anche, e da sempre, con l’arte. Io ho la fortuna di conciliare il mio impegno politico con la buona musica.

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