Per tanti è ricominciata la scuola e per tutti sarà un anno particolare, quello della pandemia globale, che per tanto tempo ci ha tenuto distanti dai nostri affetti più cari.
La scuola è la prima società esterna a quella naturale che è la famiglia; è il luogo dove si forma la nostra coscienza e il nostro io, il posto che ci insegna a vivere confrontandoci con noi stessi, con i primi amori e le prime delusioni. La scuola è luogo di quella cultura che Antonio Gramsci definiva organica, che non è altro il connubio fra sapere pratico e teorico, inteso come l’alta visione politica, necessaria all’individuo per immaginare mondi inesistenti dove prevalgono la libertà e l’uguaglianza, da realizzare attraverso il sovversivismo delle menti.
Il pensiero gramsciano fu alla base della stesura, da parte del Costituente Basso, del principio di uguaglianza sostanziale, dove la scuola assume un ruolo fondamentale per annullare il gap sociale fra gli individui, facendo in modo che il motore del paese e dello sviluppo umano sia la cultura.
Una dimostrazione della tesi bassaniana è arrivata dai premi Noble per l’economia del 2019: Abhijit Banerjee, Esther Duflo e Michael Kremer che hanno dimostrato che rafforzando i sistemi scolastici e garantendo adeguati supporti allo studio, si può arrivare a diminuire il tasso di povertà di un Paese.
La cultura assume, in tal senso, una forma di emancipazione, perché consente all’individuo e alla società tutto, di raggiungere uno sviluppo umano e sociale libero da ogni qualsivoglia forma di coercizione; non è un caso che le quattro giornate di Napoli partirono dai luoghi della cultura come l’università Federico II e il Liceo Umberto I, guidati dai professori, perché la cultura e il sovversivismo viaggiano insieme, poiché è il sapere a renderci liberi e coscienti che possano esistere mondi diversi.
E’ questo il compito della scuola e del sistema educativo voluto dai costituenti, non un’organizzazione politicizzata, bensì un ordinamento libero ed accessibile a tutti, che ci insegni a ragionare, a vivere in comunità e a crescere umanamente insieme.
La nostra Costituzione ci consegna un sistema scolastico – negli anni martoriato – con un compito ben preciso: educare gli animi attraverso la disciplina del sapere non enciclopedico, agitare le menti affinché l’entusiasmo diventi una “rivoluzione coscenziosa” e organizzare la comunità. Insomma, concepisce la cultura come un bene sociale posto anche e soprattutto a tutela del sistema democratico, dove tutti cooperino coscienziosamente alla costruzione del Paese.
Negli anni però, la scuola ha subito mutamenti negativi, che hanno quasi alterato la sua funzione, fondando tutto sulla mnemonicità dei programmi e sull’ostruzionismo burocratico.
Per avere una società libera bisogna liberarla da ogni forma di “schiavismo culturale”, insegnando che ciò che conta nella vita non è il guadagno – tipica visione capitalista – ma la felicità, così come ci insegnava Lelio Basso nel suo articolo 3 comma 2, perché ci insegna che la cultura rende uguali e liberi!