Perché le donne elette sono ancora troppo poche e perché va superato il leaderismo tutto al maschile
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Nonostante la doppia preferenza di genere prevista in tutte le regioni al voto tranne la Valle D’Aosta (che infatti segna il record negativo), l’ultima tornata elettorale ci restituisce la foto di neo consigli regionali in cui le donne sono ancora fortemente sotto rappresentate con poche eccezioni tra cui la Toscana. Su 286 eletti le donne sono infatti solo 67: appena il 23% del totale.

La politica tutta, senza differenze di parte, dovrebbe interrogarsi sulle ragioni di un risultato tanto insoddisfacente e sulle proprie responsabilità. Quando si è trattato di nominare i componenti delle task force governative e ministeriali, pure a fronte del fondamentale contributo delle donne alla tenuta del Paese nelle fasi più critiche dell’emergenza Covid in tutti i settori essenziali – dalla sanità alla scuola ai servizi di cura – il Paese ha assistito a una pressoché totale rimozione di genere sanata in parte solo dopo mobilitazioni civiche e le iniziative parlamentari di cui il Pd si è fatto promotore.

Parimenti sul fronte delle nomine, delle possibilità di carriera, del riconoscimento sociale ed economico, il gap di genere è ancora profondissimo. Anche dentro i partiti dove, come ha scritto giorni fa la vicepresidente dem Anna Ascani, è giunto il tempo di cambiare il paradigma del leaderismo maschile.

L’esclusione, la marginalizzazione delle donne dai luoghi dove si assumono decisioni è una scelte che riflette un ritardo culturale grave rispetto al riconoscimento, l’inclusione, la valorizzazione delle competenze femminili. Un ritardo che l’Italia deve affrettarsi a colmare anche per rompere quel circolo vizioso che parte dal basso numero di donne in ruoli e responsabilità di vertice, passa dalla loro sotto rappresentazione nelle assemblee elettive e torna al deficit di leadership femminili. Se una buona parte degli elettori rinuncia a votare una donna nonostante la possibilità di esprimere una doppia preferenza è anche perché le donne, restando ai margini dei ruoli e responsabilità di potere e di leadership, non vengono percepite come soggetti politici credibili.

Creare le condizioni per una reale contendibilità delle cariche tra donne e uomini è una sfida per il Pd e per tutta la politica. Una sfida decisiva anche per il successo delle misure e delle scelte da compiere per superare la crisi scatenata dal Covid e rilanciare la crescita. Un obiettivo che rischiamo di fallire se non poniamo come condizione prima e trasversale a tutte le altre quella del superamento delle disuguaglianze di genere in ogni ambito della vita sociale, lavorativa, politica e familiare.

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