Festa dei nonni, onore alla generazione scomparsa e immortale
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Oggi è la Festa di nonni, una ricorrenza importante che quest’anno acquista un significato speciale. A causa della pandemia l’Italia si è ritrovata improvvisamente orfana di una intera generazione che se ne è andata via in silenzio.

In Italia sono 317.409 i casi di coronavirus dall’inizio della pandemia. Sono i dati del bollettino del 1 ottobre. Bisogna tornare al 25 aprile scorso, quando l’Italia era ancora in pieno lockdown, per trovare un numero simile di contagi giornalieri: 2.622 (ma quel giorno le vittime furono 415).

Una prima linea che muore. E se ne va via molto più della dimensione affettiva e familiare: muore un pezzo di storia,  ma anche la saggezza, l’esperienza, la memoria storica. “La generazione più anziana paga un prezzo altissimo – aveva detto il presidente Mattarella – Ci sono comunità duramente impoverite dalla loro scomparsa”. Muore una generazione e con essa un patrimonio enorme di valori.

Eppure migliaia di anziani sono morti senza un saluto, senza un abbraccio, senza una carezza negli ospedali, in strutture sociosanitarie o in solitudine nelle proprie case, senza avere il tempo di dire addio a familiari e amici, senza avere la possibilità di raccontare la propria vita.

Una generazione che ha lavorato per ricostruire, che ha visto la guerra, patito la fame. La cui quotidianità è stata segnata dalle privazioni. Quanti di noi possono condividere il ricordo tramandato delle sirene e di quelle fughe forsennate nei rifugi antiaerei o rammentano mani callose, segno del duro lavoro di chi non aveva paura di sporcarsi.

Se ne va una generazione di bambini usciti dalla guerra che ha costruito l’Italia, gli ha dato storia, ricchezza, spessore, ideali. Che ci ha dato quello che siamo. La generazione che ha vissuto questo non ha mai avuto il tempo di perdere il sorriso e ci ha visto crescere nel benessere, donne e uomini abituati a togliere il pepe alla mortadella che non hanno mai dato nulla per scontato.

Eppure, nonostante tutto, i sorrisi rugosi, erano pieni di speranza. Erano i tempi dei primi frigoriferi, delle Fiat 500 e della Lambretta. L’epoca del boom economico, del futuro radioso. Sulle loro spalle, non dimentichiamolo, si è abbattuta anche la responsabilità di sostituire un welfare che non teneva conto della famiglia. E non si sono sottratti. Anzi sono stato il perno di una società per molti versi disumana.

I nostri anziani che questa malattia ci ruba, oggi vanno festeggiati con tutte le onorificenze. La dedizione che hanno lasciato è un eredità che non possiamo e dobbiamo disperdere.

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