Le cronache provenienti da Bruxelles mostrano in questi giorni le incertezze ed i probabili ritardi con i quali i fondi del progetto “Next Generation EU”, da noi definito più diffusamente Recovery Fund, verranno definiti a livello europeo e, da quel momento, soggetti ad una progettazione più specifica in Italia e negli altri Paesi comunitari.
Se ci si deve augurare che l’incertezza non pregiudichi la possibilità di servirsi di tali fondi per finanziare la ripartenza del nostro sistema economico, ma anche l’innovazione con la quale esso può supportare aspetti di progresso sociale, il ritardo consente di condividere alcuni pensieri sulle iniziative che potranno essere sostenute da tali fondi, con un particolare accento su ciò che riguarda la informatizzazione e la digitalizzazione delle imprese, della Pubblica Amministrazione e delle famiglie italiane, un capitolo sempre presente, ma mai approfondito a sufficienza nelle sue caratteristiche e negli obiettivi che si intende ottenere.
La crisi successiva al Covid-19 si iscrive – occorre sempre averlo a mente – in un inesorabile processo di aumento dell’automazione nei processi produttivi e di progressiva disintermediazione delle catene distributive e, al termine del blocco dei licenziamenti, il combinato disposto fra questi fenomeni mostrerà quanto acute siano le diseguaglianze che il 2020 produrrà e quanto sia dunque necessario che i fondi del Recovery Plan partano proprio da qui, dal rischio quanto mai concreto che è necessario fronteggiare tanto sul fronte delle aziende e della loro competitività in Italia ed all’estero, quanto sul fronte delle competenze digitali che serve diffondere, così da supportare un mercato del lavoro meno diviso fra “inclusi” ed “esclusi” e una cittadinanza più informata e consapevole.
Ecco perché, fra i progetti che saranno finanziati dall’iniziativa “Next Generation EU”, è auspicabile che:
– siano contemplati progetti tesi ad accrescere la sicurezza dei sistemi informatici del nostro sistema sanitario e, più in generale, delle istituzioni locali;
– vi sia un supporto alle iniziative “di base” come l’Operazione Risorgimento Digitale, volte a favorire una maggiore familiarità con gli strumenti offerti dalla Rete e una maggiore consapevolezza delle insidie che essa presenta;
– sia posta attenzione al finanziare gli innumerevoli portali e-commerce di prodotti tipici regionali che, nonostante i fallimenti sperimentati nei primi anni Duemila, tornano ogni tanto a fare capolino: il consolidamento degli ambienti sui quali oggi si fanno acquisti online come i grandi marketplace ne decreta l’insuccesso fin dalla progettazione;
– di converso, si acceleri la formazione di competenze professionali adeguate a permettere una presenza di successo delle PMI italiane, soprattutto nei settori di cui è costituito il Made in Italy, su Amazon, su Alibaba ed all’interno di quelle piattaforme – anche italiane – che hanno saputo conquistarsi la fiducia dei consumatori e dei buyer internazionali;
– si favoriscano iniziative territoriali di “delivery commerce” per agevolare la presenza online degli esercizi commerciali locali e per comunicare al territorio i servizi di assistenza e consegna a domicilio che, su base collaborativa, possano essere sviluppati per bilanciare la crescente propensione ad informarsi, scegliere ed acquistare online;
– si supporti la promozione delle competenze imprenditoriali legate al mondo digitale quali la cultura d’impresa e l’educazione al risparmio.
Lo scorso agosto un’immagine, pubblicata su un quotidiano online statunitense, ha fatto il giro del mondo: decine di cellulari sui rami di un albero prospiciente un centro logistico di Amazon appesi da parte dei rider, nella speranza che una collocazione più elevata consentisse di ottenere la gestione di una consegna.
Sul piano della digitalizzazione, non ci possiamo permettere di affrontare un futuro in cui la tecnologia e l’automazione che essa favorisce acuiscano ulteriormente le differenze fra le persone: se il Recovery Plan non costituirà la palingenesi del nostro Paese come i più ottimisti sostengono, potrà però rappresentare un contributo ad un’Italia digitale, più consapevole e preparata ad affrontare la trasformazione che inevitabilmente ci attende e ci sfida.
Andrea Boscaro è fondatore di ‘The Vortex’, società di formazione dedicata al marketing digitale