Dal G20 italiano una coalizione per sistemi alimentari equi e sostenibili
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L’incrocio tra crisi sanitaria, crisi ambientale e crisi alimentare è uno degli snodi più delicati della fase che stiamo attraversando e gli effetti della pandemia sul sistema alimentare non possono essere sottovalutati. Perché domanda e offerta di cibo sono sottoposte in questo periodo a tensioni che impattano profondamente sulla vita di milioni di persone.

Anche se le filiere agroalimentari hanno retto l’urto, non ci dovremmo dimenticare che abbiamo assistito a situazioni estreme, come quelle di contadini costretti a eliminare le loro produzioni, magari negli stessi luoghi dove migliaia di persone si mettevano in fila per un pasto caldo. Così come non può passare inosservato che il prezzo del grano alla borsa di riferimento di Chicago è cresciuto del 16% e ha segnato il suo picco da anni toccando i 6,35 dollari per bushel con effetti simili anche nel nostro Paese per il grano duro, salito del 20%.

L’aumento della disoccupazione, le perdite di reddito e la crescita dei prezzi espongono ovunque a rischi di povertà estrema tanto che – per la FAO – circa 690 milioni di persone stanno già soffrendo la fame e altri 130 milioni potrebbero aggiungersi. Gli effetti di questo scenario anche sulle migrazioni rischiano di essere ulteriormente drammatici.

Il rialzo dei prezzi delle materie prime spesso in mano a pochi fornitori, i blocchi della logistica, i rischi di barriere alle esportazioni e le preoccupazioni dei paesi tradizionalmente fornitori di beni agricoli per le tensioni interne che corrono con la diminuzione delle proprie scorte, minacciano la tenuta delle filiere.

E anche se alcune produzioni come mais e soia stanno crescendo, spesso la loro destinazione non è l’alimentazione umana bensì quella animale o addirittura la produzione di combustibili. Il tutto mentre un terzo del cibo finisce in discarica.

Certamente anche per i sistemi agricoli siamo di fronte a un tempo di riorganizzazione delle catene del valore. Mentre in Europa si affronta, non senza fatica, il dibattito per la nuova programmazione pluriennale della politica agricola e il suo indispensabile approdo a un modello più sostenibile.

L’Italia può avere un ruolo importante nel confronto che si è aperto anche in relazione al fatto che l’anno prossimo guideremo il G20. Cogliendo questa responsabilità, in una fase certo assai difficile per il multilateralismo, proprio il Governo e la nostra Rappresentanza diplomatica hanno promosso, sotto la guida della FAO e del suo Direttore Generale Qu Dongyu, il progetto “Food Coalition” al quale hanno già aderito ben quaranta paesi.

L’obiettivo è quello di aprire un percorso sperimentale e innovativo, multi-stakeholder e multi-settoriale, in grado di unire le istituzioni, il mondo della ricerca, della conoscenza e della scienza, le imprese private e la società civile organizzata per affrontare proprio gli impatti della pandemia sui sistemi alimentari e sui modelli agricoli.

Un primo passo verrà compiuto oggi con la presentazione del progetto. Si tratta di un’occasione unica per potenziare gli sforzi multilaterali e per qualificare il nostro paese come attore di primo piano, specialmente in Europa e nel Mediterraneo, sui temi della diplomazia agricola e alimentare al servizio di una nuova stagione di cooperazione. Perché “Produrre meglio, utilizzando meno risorse” rimane l’unica strada possibile per tutti.

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