La stagione della mancanza e la responsabilità del futuro
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Caro Sindaco,

la tua intervista parla dell’angoscia del presente e insieme di quel ricostruire, di quel reinventare che ha reso unica Milano, una forma per non darla vinta e sperare. Come cittadina non è poco sentirsi in qualche modo interpretata. Per la politica, anche la nostra, non è sempre facile riuscirci. Penso che oggi si traduca col dare un senso alla mancanza che ci attraversa, giurando che vogliamo un dopo diverso. La tristezza va via “qui non è casa tua…” se iniziamo a dire come immaginiamo il domani nei suoi contorni più larghi e collochiamo il passo dopo passo operoso in una promessa per la comunità, l’orgoglio di un primato da ricreare nella gara per il valore, la dignità di ogni persona e la salute ne è parte decisiva.

Le sofferenze sono molte, alcuni devastanti perché cercano di togliertela la dignità. Altre si portano via la vicinanza di qualche affetto, la cultura, il luccichio di una vetrina o la bontà di qualche pastina con le amiche. Riconosci la solidarietà che non ha smesso di agire. Interroghi il destino dei ragazzi e delle ragazze, il tuo più breve. Vedi le meraviglie e i buchi delle tecnologie. È vero, il lungo inverno non terminerà alla scadenza burocratica del calendario. Dipenderà da Governi, da ognuno di noi, dalla scienza, dall’Europa.

È come una quinta stagione che si aggiunge e percorre le altre quattro. È la stagione della mancanza. La mancanza più dolorosa, la perdita di una persona, la più inaspettata, scuola e università senza esserlo. La più inaccettabile, il lavoro che non c’è e che facevi con dedizione, la più rabbiosa per i sussidi che stentano e l’assurdità del negazionismo becero. La più assurda con la mancanza delle piazze e del contatto che per la democrazia e l’umanità sono identità e calore. L’ho fatta troppo lunga per dire che tra le mancanze, una è specialmente grave: non difendere il diritto alla salute e il diritto alla cura.

La Regione Lombardia ne porta una pesante responsabilità. Beppe, le tue parole a Repubblica mostrano come nei drammi sociali esistano due visioni del mondo. Tu dici: ”Ho fatto i miei errori, mi sono impegnato al massimo delle mie capacità, ho imparato…” Ecco c’è chi non solo non ha imparato ma non lo vuole fare perché non lo sa fare. Non sa chiedere scusa per i vaccini introvabili, medici di famiglia abbandonati, tamponi scarsi, Usca irrisolte, malati senza riferimenti, anziani nelle RSA e in casa nei fatti abbandonati. L’allarme era stato dato da medici e da altri 73 sindaci della Città Metropolitana. È vero, la sanità in Lombardia è radicalmente da rifare. Tu indichi una traccia robusta (mi fa piacere in accordo col PD) sul punto decisivo dei presidi territoriali, del sostegno alla ricerca, del rapporto pubblico e privato, della governance.

Molti medici sono in trincea, i volontari rischiano con gli infermieri e i lavoratori delle pulizie ( tante donne da non dimenticare anche nella prossima legge di bilancio!) e intanto continua lo scandalo delle operazioni o delle tac urgenti nel privato mentre si allungano le attese nei nostri ospedali peraltro con eccellenze e dedizioni straordinarie malgrado in università e nelle carriere mediche la vergogna del potere e delle consorterie spesso sia prevalsa sui meriti e le capacità. Forse intenderà di più anche il Governo se chiediamo di accendere i fari sulla Regione e se oltre le dimissioni di quella compagnia, ricordiamo a tutti che senza un Nord innovativo, solidale, amico del Sud è più difficile per l’intero paese. Con una piccola aggiunta.

Anche per le riforme che il taglio dei parlamentari ha reso urgente, ascoltiamo i sindaci e procediamo con lo sguardo di chi declina il bene comune nei disegni costituzionali e non dall’astrazione. Resto una autonomista che crede che scuola e sanità pubblica siano identità e civiltà di questa nostra Italia e una garanzia perché l’articolo 3 della Costituzione sull’uguaglianza ancora da raggiungere arrivi in tempo per salvare la democrazia.

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