Centri antiviolenza e case rifugio: motori del cambiamento contro il femminicidio
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I centri antiviolenza e le case rifugio rappresentano oggi l’anello più importante della catena nella lotta alla violenza contro le donne. Non solo perché rappresentano un approdo sicuro per chi fugge, magari coni figli al seguito, da percorsi di violenza, ma perché sono un luogo in cui vengono ribaltati tutti gli stereotipi e i pregiudizi sulla violenza sulle donne e viene data una lettura corretta del fenomeno.

Nei centri antiviolenza è la relazione e la solidarietà tra donne che cura le donne: le operatrici sono in grado di riconoscere la violenza senza giudicare e di sostenere le donne ad avere una diversa percezione di sé, evitando una seconda vittimizzazione, accompagnandole a riappropriarsi della propria vita e della propria libertà. Nei centri antiviolenza e nelle case rifugio viene innanzitutto bandito il pregiudizio fondamentale che vede chi ha subito violenza come una donna fragile e inadeguata, incapace di sottrarsi agli atti persecutori e alle vessazioni e di denunciare e per questo, in fondo, colpevole e portatrice di uno stigma.

Le donne vengono credute, sostenute nel loro percorso di empowerment: donne capaci che hanno salvato se stesse e i propri figli e sono state in grado di chiedere aiuto, per liberarsi di una violenza di cui hanno piena responsabilità gli uomini maltrattanti.

I centri antiviolenza sono agenzie di cultura, portatrici di modelli positivi che possono contribuire a superare il fenomeno della violenza contro le donne, che ha una natura strutturale e che richiede, per essere cancellato, un cambiamento profondo della cultura patriarcale e maschilista, radicata su una concezione proprietaria del corpo femminile.

Per tutte queste ragioni i CAV e le case rifugio possono rappresentare il migliore motore possibile per quel necessario cambiamento di carattere culturale, unica arma per sconfiggere la violenza contro le donne. Perché non sono solo rifugi o luoghi di protezione, ma portatrici di una cultura e di pratiche femminili e femministe provenienti dagli anni Settanta e da quello straordinario movimento che cambiò radicalmente stili di vita e relazioni familiari e da allora si sono diffusi come il più prezioso e importante punto di riferimento per tante donne che subiscono violenza.

La Relazione della Commissione Femminicidio, approvata all’unanimità, sui sistemi di governance e le attività dei centri antiviolenza rileva che nel 2017 ne risultavano attivi 366, per un totale di 647 punti di accesso. Le donne che hanno contattato almeno una volta un centro antiviolenza, nell’anno della rilevazione, sono state complessivamente 49.021 (in media nazionale, 156 per ogni centro). Sono 32.632, invece, le donne che hanno iniziato un percorso di uscita dalla violenza con il sostegno dei centri antiviolenza (in media nazionale, 104 per ogni centro).

Le case rifugio operative sul territorio nazionale sono risultate essere 264: le persone prese in carico dalle strutture di accoglienza sono state complessivamente 4.483 (donne e minori), per un totale di 2.239 donne, con 2.244 minori al seguito. Come è stato sottolineato dalle associazioni audite dalla Commissione siamo di fronte a numeri in costante crescita: un dato che restituisce un’accresciuta fiducia delle donne che vivono situazioni di violenza nei confronti dei servizi specializzati. Cosa bisogna fare allora per non disperdere questa opportunità e sostenere in maniera finalmente adeguata un servizio tanto prezioso?

La relazione individua e suggerisce scelte chiare: risorse costanti e continue, con programmazione e finanziamenti pluriennali, a cadenza almeno triennale, procedure semplificate e celeri; qualificazione dei criteri di accreditamento, anche attraverso la revisione dell’intesa Stato – Regioni, per chi gestisce gli enti; monitoraggio costante dei risultati; previsione di criteri uniformi di finanziamento su tutto il territorio nazionale.
Nel corso del convegno che la Commissione parlamentare d’inchiesta sul femminicidio , nonche di ogni forma di violenza di genere, ha tenuto in Senato in occasione del 25 novembre, Giornata Internazionale contro la violenza sulle donne, con la Presidente Casellati, il Presidente del Consiglio, la ministra Bonetti e che ha visto la partecipazione di tanti centri e parte della rete antiviolenza, il Governo, anche per esplicito riferimento del presidente Conte, si è impegnato a sostenere queste strutture di più e meglio di quanto fatto sino ad ira seguendo anche le indicazioni offerta dalla Commissione.

Personalmente non posso che registrare con favore questa apertura e quest’impegno. E provo a celebrare così con più fiducia e speranza questo nostro 25 novembre.

Valeria Valente è presidente della Commissione Femminicidio del Senato

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