Biblioteche pubbliche e prestito a domicilio: non fermiamo il contagio della cultura
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Il prestito domiciliare delle biblioteche pubbliche di Ente locale e statali sta salendo all’attenzione della politica e dei media in questo periodo di pandemia.

L’ultimo DPCM (Dpcm 3 novembre 2020) ha stabilito tra le molte misure restrittive anche la chiusura degli accessi nei musei e negli altri istituti culturali ricompresi all’art.101 del Codice dei beni culturali (Decreto Legislativo 22 gennaio 2004, n. 42 – Codice dei beni culturali e del paesaggio, ai sensi dell’articolo 10 della legge 6 luglio 2002, n. 137). Tra questi le biblioteche.

Da molte amministrazioni statali e locali il dettato del DPCM è stato interpretato come blocco di tutti i servizi delle biblioteche.

Le biblioteche pubbliche italiane, che al primo lockdown “sono state forse il settore pubblico complessivamente tra i più “resilienti”, più vicini ai cittadini di tutte le età e condizioni, più capace di rimodulare la propria offerta di documenti e servizi a distanza. I numeri ci dicono che si sono moltiplicate le attività di assistenza bibliotecaria personalizzata e i programmi delle biblioteche per l’information literacy e si sono moltiplicati, in certi casi raddoppiati gli accessi del pubblico alle fonti digitalizzate e a quelle digitali native acquistate e messe a disposizione dalle biblioteche” (Rosa Maiello, Presidente nazionale dell’Associazione Italiana Biblioteche , lettera al Ministro Franceschini), alla rinnovata chiusura novembrina hanno risposto con una loro peculiare interpretazione del DPCM.
Insomma i Bibliotecari questa volta non ci stanno, la loro interpretazione del DPCM in sintesi è stata “Non si accede alle biblioteche, ma non si interrompono i servizi, anche quello di prestito di libri.

I Bibliotecari italiani oggi affermano a ragione che le biblioteche pubbliche sono luoghi sicuri, quanto se non di più delle librerie. E’ necessario che ci si convinca che il servizio di prestito di libri delle biblioteche sia considerato essenziale. Sarebbe una incomprensibile iniquità non farlo.

Infatti e giustamente le librerie sono state inserite tra i servizi essenziali che rimangono aperti anche nelle zone rosse, le biblioteche no.
Il MIBACT stesso ha cercato di emendare alla interpretazione restrittiva dell’ultimo DPCM con una circolare dove si suggerisce alle biblioteche statali di promuovere forme alternative di prestito. Così Regione Toscana ad esempio ,ha prodotto una propria FAQ all’interno delle pagine ufficiali dedicate all’epidemia. Ma queste disposizioni non sono sufficienti, per cui molti sindaci e direttori di biblioteca, non si sentono comunque autorizzati a permettere lo sviluppo di certi servizi delle loro biblioteche.

Il mondo delle biblioteche si chiede come mai le librerie rimangono aperte e le biblioteche sono chiuse, perché si può accedere ai locali delle librerie, toccare i libri sugli scaffali, comprare libri e non si può fare altrettanto nelle biblioteche.
Qualcuno ironizza dicendo che forse il COVID si diffonde con la lettura gratuita.

In proposito Rosa Maiello , nella citata sua lettera al Ministro Franceschini scrive “i libri sono beni essenziali, perché sono strumenti primari di apprendimento, di ricerca, di conoscenza, perché stimolano l’immaginazione e la capacità di elaborazione critica ed espressione del pensiero, perché moltiplicano le opportunità di trovare soluzioni ai problemi propri e degli altri, perché sono compagni di viaggio che aiutano a leggere il mondo oltre l’orizzonte dell’esperienza quotidiana individuale, a non sentirsi soli, ad affrontare la solitudine, le paure, le difficoltà che oggi più che mai affliggono le nostre esistenze e che rischiano di schiacciare i destini di coloro che sono fisicamente, socialmente o culturalmente più esposti. I libri sono tanto essenziali che il recente DPCM del 4 novembre per il contrasto alla pandemia da COVID-19 prevede che le librerie restino aperte anche nelle “zone rosse”, esposte al più alto rischio di diffusione del contagio. Lo stesso DPCM ha però disposto la sospensione dell’apertura al pubblico dei musei, delle mostre “…. E degli altri istituti e luoghi della cultura”, e quindi anche delle biblioteche, come definite dalla lettera b) del secondo comma dell’art. 101 del Codice dei beni culturali, relativo agli “Istituti e luoghi della cultura”. Si tratta di tutte le biblioteche appartenenti allo stato e a organismi pubblici e di quelle private aperte al pubblico”.

In un momento di grave crisi sociale e economica, come quello che il nostro paese sta affrontando, dovemmo dare maggiore attenzione a istituti culturali di base come le biblioteche che offrono servizi gratuiti di accesso alla conoscenza. Oggi in Italia un libro ha un costo medio di diciotto euro e non tutte le famiglie italiane possono permettersi di acquistare nemmeno due libri all’anno.

Nell’ultimo decennio contemporaneamente all’impoverimento di larghe fasce della nostra società, nelle biblioteche pubbliche si è registrato un aumento progressivo dei prestiti domiciliari di libri in tutte i loro formati. Questo andamento attesta il valore sociale della biblioteca e del suo servizio di base, il prestito.
Garantire infatti il prestito librario gratuito delle biblioteche pubbliche in un periodo di chiusura forzata, di isolamento domiciliare significa garantire l’accesso alla cultura, comunque.

Ma principalmente si deve tenere conto che il prestito domiciliare gratuito garantisce l’accesso alla lettura alle parti più deboli della società, la cui fragilità economica in prima istanza le allontana dalla conoscenza e dalla cultura.
Bisogna ricordare sempre che le biblioteche pubbliche svolgono un compito importante nella società democratica. Sono significative le parole del manifesto IFLA / UNESCO sulle biblioteche pubbliche del 1994, che dichiara “La libertà, il benessere e lo sviluppo della società e degli individui sono valori umani fondamentali. Essi potranno essere raggiunti solo attraverso la capacità di cittadini ben informati di esercitare i loro diritti democratici e di giocare un ruolo attivo nella società. La partecipazione costruttiva e lo sviluppo della democrazia dipendono da un’istruzione soddisfacente, così come da un accesso libero e senza limitazioni alla conoscenza, al pensiero, alla cultura e all’informazione. La biblioteca pubblica, via di accesso locale alla conoscenza, costituisce una condizione essenziale per l’apprendimento permanente, l’indipendenza nelle decisioni, lo sviluppo culturale dell’individuo e dei gruppi sociali”.

D’altra parte la biblioteca pubblica che noi oggi conosciamo, ha origine nel XIX secolo in ambito anglo americano proprio per aiutare i cittadini meno abbienti ad accedere alla conoscenza. “Nell’Ottocento, prima negli Stati Uniti, poi in Europa, nascono le biblioteche come servizi pubblici, le biblioteche per tutti. In Inghilterra, con una legge del 1850, si creano tante piccole biblioteche legate alle comunità locali, finanziate con una tassa comunale, biblioteche dove anche coloro che non ne avevano i mezzi potevano accedere alla cultura letteraria, ai libri per conoscere un mestiere, ai libri per conoscere il mondo. In una società in cui non c’era la radio e la televisione, la biblioteca pubblica (public library) rappresentava una fonte di informazioni (giornali, enciclopedie, manuali, ecc.) e una finestra sul mondo per le classi più povere. Se i ricchi avevano biblioteche private, le classi medie e i ceti che volevano emanciparsi avevano le biblioteche pubbliche”.

Scrive sempre Rosa Maiello :“Nelle biblioteche dove non si paga per leggere o per avere in prestito un libro, perché una grande conquista della democrazia è che tutti, ma proprio tutti, hanno diritto di accesso alla conoscenza, anche coloro privi di mezzi. Sapete, Signori Ministri, per quante persone e per quante famiglie comprare anche solo due libri all’anno costituisce un lusso? Sapete che i bonus e gli incentivi all’acquisto di libri, per quanto cospicui ed estesi, possono arrivare a coprire solo una minima parte dei differenti bisogni di lettura? Sapete che le biblioteche sono state inventate proprio per supplire a questi bisogni, oltre che per custodire la memoria registrata?  Sapete che in tempi di crisi economica l’uso delle biblioteche e in particolare del prestito bibliotecario ha sempre registrato valori in aumento? Naturalmente questo succede dove le biblioteche sono aperte e funzionano e comprano libri e li mettono a disposizione”.

Dobbiamo salvaguardare e incentivare il ruolo sociale delle nostre biblioteche pubbliche. Oggi pertanto è urgente e necessario che nei prossimi atti del Governo le biblioteche pubbliche di Ente Locale e statali siano equiparate alle librerie e che sia consentito l’accesso ai loro locali per garantire il servizio di prestito.

Le biblioteche sono luoghi di “benessere”, di “salute mentale”e quindi la loro apertura è una priorità. Dovendoci interrogare sulla nostra vita dopo il Covid, ci troveremo di fronte a un salto, quello verso la società liquida, quello della caduta travolgente verso un mondo sempre più digitale. La sua necessità, il suo essere in atto, al di là dei giudizi, non può farci dimenticare l’utilità e il fascino della biblioteca. Essa infatti non è solo un servizio finalizzato a soddisfare bisogni informativi. Sarebbe una definizione assai riduttiva. Spesso è un luogo di meravigliosa architettura , sempre è un luogo di fertilità intellettiva, di appagamento conoscitivo in un’atmosfera di silenzio, di pagine sfogliate, di tavoli colpiti da fasci di luce di pareti tessute di libri. La biblioteca è il luogo in cui tutti possono incontrare i grandi della letteratura, della storia, della filosofia, dell’arte, della scienza, è un tempio della memoria dove è custodito tutto il sapere e insieme i valori delle civiltà. Lì è conservato ciò che gli uomini hanno voluto scrivere, che hanno voluto tramandare.

Le biblioteche pubbliche d’altra parte si sono dimostrate e sono luoghi estremamente sicuri, dove la profilassi COVID è stata seguita e attuata alla lettera. Chiunque sia entrato in una biblioteca pubblica dopo il lockdown si è trovato di fronte all’attuazione di rigidi protocolli , a una serissima messa in atto delle disposizioni nazionali e locali per il contenimento del Covid.

L’Italia non può permettersi di aumentare il gap culturale che divide la popolazione a seconda delle fasce di reddito. Solo istituzioni culturali di base come sono le biblioteche potranno garantire anche in questo momento difficile di superare tale sperequazione e di intraprendere una strada virtuosa di ripresa economica e civile.

Lucia Ciampi è deputata Pd in commissione Cultura della Camera

 

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