Il voto sull’aborto in Argentina e il potenziale positivo di questo storico passo
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Per ogni progressista che ama l’America Latina sapere che l’Argentina ha tenuto un voto storico e approvato la legge che rende sicuro, legale e gratuito l’aborto negli ospedali pubblici è stata la buona notizia con cui speravamo di chiudere quest’anno.

L’altra notte eravamo andati a letto senza alcuna certezza, perché fino all’ultimo minuto l’esito del voto era incerto e la legge poteva passare o essere affossata per uno o due voti. Ma dopo dodici ore di dibattito il Senato ha approvato la legalizzazione dell’interruzione di gravidanza fino alla quattordicesima settimana con un astenuto, 29 senatori contrari e 38 favorevoli, più di quelli previsti.

Tra di essi oltre a peronisti e kirchneristi, hanno votato a favore anche radicali e PRO, in un dibattito segnato da interventi a tratti intensi e toccanti, come quello della senatrice peronista Silvina García Larraburu, che nel 2018 aveva votato contro e in questo caso a favore.

O quello di Gladys González, senatrice del PRO dell’ex presidente Macri, donna profondamente cattolica, che nel 2018 ha perso una gravidanza solo due giorni dopo aver votato a favore dell’aborto quando la legge fu bocciata. González ha pronunciato in aula parole emozionanti, che spiegano il travaglio che ogni donna vive in quei momenti e che si porta dietro per tutta la vita: “ho pensato che Dio mi avesse punito […] ma il Dio in cui credo non è un Dio che punisce, è un Dio che ama ed è compassionevole”.

Luis Naidenoff, invece, di unione Civica Radicale, ha sostenuto la necessità dell’aborto legale scagliandosi contro la pratica clandestina affermando che “il business clandestino ha il marchio del denaro e il sigillo della disuguaglianza” e spiegando bene la necessità di approvare la legge che ha il merito “di porre fine a questa ingiustizia”.
Credo che in questi due interventi – tra l’altro trasversali alla maggioranza di Governo – vi sia il senso della necessità di quella legge e del passo storico in senso progressista che oggi ha fatto l’Argentina di Fernández: il presidente che ha il merito di avere con coraggio prima promesso e poi mantenuto l’impegno nel presentare come governo la legge e farla approvare.

Certo, questo voto potrebbe ora produrre delle conseguenze in termini di rapporti con la Chiesa, il Vaticano e Papa Francesco, che è argentino e che si è speso positivamente nella trattativa del Governo per la rinegoziazione del debito con il FMI. Vedremo cosa accadrà, ma ogni reazione dovrà poi misurarsi con il sentimento popolare in un paese nel quale certamente oltre il 60% della popolazione è cattolica e più del 15% evangelica e le due chiese si sono schierate con forza contro la legge, ma dove le donne (anche quelle cattoliche) hanno condotto una battaglia di civiltà e libertà trasversale.

Battaglie femministe che lasciano ben sperare e che producono un ulteriore e importantissimo passo avanti in quel percorso di inclusione nella sfera dei diritti, che aveva consentito all’Argentina di dotarsi già nel 2010 di una legge sul matrimonio omosessuale – primo Paese in America Latina a concederlo – e di avere leggi sui diritti di lesbiche, gay, bisessuali e transgender tra i più avanzati al mondo.

Questo complesso di leggi inclusive sui diritti, avanzato ieri con l’introduzione dell’aborto legale, insieme al movimento sviluppatosi in Cile (a forte presenza femminile e femminista) e che ha portato alla recente vittoria del referendum per una nuova Costituzione, si spera apra presto la strada all’approvazione di leggi simili nel resto del Sub Continente, dove per ora l’aborto è legale solo nel piccolo Uruguay, nella Cuba socialista e in Guyana.
E la speranza è forte perché questi movimenti a marcata presenza e protagonismo femminile stanno mostrando non solo capacità di coinvolgimento (anche internazionale), quanto concretezza e incisività sociale in senso progressista.

E l’Argentina, dalle ragazze desaparecide alle nonne di Plaza de Mayo, a quelle con le sciarpe Verdi di questi giorni, sta mostrando tutto il potenziale positivo, emozionale e concreto delle donne nella società e in politica.

E probabilmente anche dalle nostre parti si dovrebbe abbandonare quell’atteggiamento di sufficienza spesso diffuso verso l’America Latina e, anzi, dare con convinzione il nostro sostegno alle spinte positive che si originano laggiù.

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1 COMMENTO

  1. L’aborto non è una conquista di civiltà. La vera conquista sarebbe creare una socità in cui una donna si sente sempre aiutata ad essere madre. Su questa direzione c’è indubbiamente molta strada da fare, ma andare nella direzione contraria non è una conquista ma una sconfitta. Dino Lupi.

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