Archeologia preventiva, perché è importante il no alle proposte della Lega

Mentre da più parti si sentono levare appelli perché la cultura, i beni culturali, il lavoro culturale siano messi in cima alle priorità del nuovo governo, e, dagli amministratori alla politica, diverse sono le voci di peso che accompagnano tali richieste, salutiamo con soddisfazione la notizia che le Commissioni Affari Costituzionali e Bilancio della Camera hanno giudicato non ammissibili gli emendamenti della Lega al Milleproroghe che prevedevano tra l’altro che il silenzio – assenso venisse esteso agli interventi realizzati da soggetti privati su beni culturali.

La Lega voleva di fatto attuare un taglio agli interventi di archeologia preventiva e di emergenza, di fatto snaturandone la funzione e per di più andando contro il principio indicato dall’articolo 9 della Costituzione italiana che indica come interesse prioritario della nazione la tutela del patrimonio archeologico. Principio fatto proprio anche dalla Convenzione internazionale per la protezione del patrimonio archeologico firmata a La Valletta nel 1992 e ratificata dall’Italia nel 2015.

L’archeologia preventiva e di emergenza è una attività di ricerca specializzata e fondamentale che nasce “con la finalità di difendere il patrimonio archeologico, ma rendendo compatibile la tutela con i tempi e le esigenze dello sviluppo moderno: non a caso, il termine anglosassone che definisce l’archeologia preventiva e di emergenza è development – led archaeology, ovvero archeologia guidata dallo sviluppo“. Queste erano state le parole con cui 9 associazioni aderenti al Tavolo di coordinamento delle sigle del settore Archeologia (in cui figurano sia sigle rappresentative della PA che delle professioni e delle imprese) avevano accompagnato – in un comunicato congiunto – la notizia.

Un altro tema centrale in questa vicenda riguarda il lavoro: come diretta conseguenza di questo emendamento si sarebbe verificata una consistente flessione dal punto di vista economico e del lavoro per le aziende che lavorano ogni giorno in questo settore e quindi per migliaia di professionisti come archeologi e architetti ingegneri restauratori e operai. “Il nostro lavoro – ci ricorda Erika Iacobucci, archeologa e vicesindaca di Scontrone (AQ) – ha gli stessi orari degli operai, operiamo in tutte le condizioni atmosferiche in cantieri non sempre comodi, sotto la supervisione delle Soprintendenze di zona, dei progettisti e delle ditte referenti. Tutti i lavori sono in stretta sinergia con le amministrazioni locali presenti sui territori che talvolta permettono di trasformare i risultati delle ricerche scientifiche in strumenti utili per una corretta ed intelligente pianificazione urbana e di tutela e valorizzazione dei beni culturali esistenti”.

In Italia ci vuole impegno e costanza perché venga riconosciuto il lavoro culturale, come abbiamo più volte detto e ribadito in questi mesi di emergenza pandemica: è un settore che ha pagato e sta pagando un enorme prezzo. Pur comprendendo quindi a pieno le ragioni di ogni azione tesa alla ripresa economica del Paese, siamo certi e certe che per non lasciare indietro nessuno sia necessario pensare a tutte le condotte e soprattutto alle conseguenze di ogni azione politica e normativa, quando calano nella vita vera delle persone.

Marielisa Serone D’Alò – Dipartimento Cultura PD Abruzzo
Michele Fina – segretario PD Abruzzo

LASCIA UN COMMENTO

Per favore inserisci il tuo commento
Per favore, inserisci il tuo nome

spot_img