Riprendere subito il cammino per il protagonismo delle donne. Non contro il Pd, ma per il Pd e per il Paese
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E’ nato il governo Draghi. Un governo d’eccezione, come chiesto dal Presidente Mattarella, che risponde alle emergenze del momento. Un governo che dovrà affrontare gravi sfide, a cui va il nostro augurio di buon lavoro.

Un governo in cui siedono tre autorevoli e capaci ministri del Partito democratico, che sicuramente faranno bene, nei loro incarichi e contribuiranno all’orientamento politico generale dell’alleanza di governo.

Ma è una ferita – l’ho dichiarato appena appresa la lista dei ministri – che siano tutti uomini, che nessuna democratica sieda a quel tavolo. E’ una battuta d’arresto di un percorso, anche questo è ben chiaro. Per quel che riguarda noi, Conferenza delle democratiche, brucia per il lavoro fatto in questi sei mesi di esistenza di questo luogo.

Abbiamo segnato con la nostra iniziativa, dentro e fuori il Partito democratico, la sua agenda politica e il suo programma. Nel lavoro fatto attorno al Recovery Plan e più in generale sul profilo programmatico del PD.

Si è messo in moto un processo di cambiamento anche del modo di essere del partito, dei suoi assetti. Che ha di nuovo luogo autonomo, di elaborazione e di iniziativa politica delle donne. Una segreteria paritaria, le responsabilità dei dipartimenti equamente condivise, la responsabile del programma è una donna, e ho sottolineato quanto sia stato importante per me la relazione politica con lei nella fase di costruzione delle nostre proposte per i tavoli di confronto programmatico e di rilancio del governo Conte. A novembre 2019 nel nuovo statuto per la prima volta c’è la parità di genere come criterio anche negli esecutivi.

La presidenza del partito è interamente femminile. Quando qualche mese fa, sono state votate le nuove presidenza della commissioni parlamentari sono stata assegnate in modo paritario nei gruppi.

Abbiamo così prodotto una lettura condivisa della crisi e della necessità di mettere al centro l’obiettivo di tutelare e far crescere l’occupazione femminile. La pandemia ha ulteriormente evidenziato le distorsioni, le iniquità e le discriminazioni presenti nella società; le disuguaglianze di genere e il forte divario nell’accesso al lavoro sono condizioni che penalizzano il Paese. Ha mostrato la necessità di mettere al centro della politica la vulnerabilità e l’indipendenza delle persone. Abbiamo indicato la direzione dell’empowerment delle donne come grande questione nazionale che attiene alla qualità della convivenza e del modello di sviluppo. Perché non abbiamo proposto semplicemente le rivendicazioni per un pezzo di Paese, ma una lettura della crisi, e una richiesta di cambiamento dell’organizzazione sociale: investire sulle infrastrutture sociali, fare della cura una grande questione pubblica, riformare il welfare.

Come hanno scritto nel documento proposto dall’assemblea della magnolia ”Noi siamo la cura”, sottoscritto da tante donne e associazioni: “il Covid smentisce ogni continuismo, rimettendo al centro i bisogni della cura, dell’altro, di noi stesse, delle condizioni della vita, della natura e della democrazia,. … Torna ineludibile il tema della cura intesa nel suo significato politico, come paradigma capace di orientare il cambiamento, per un’altra visione del mondo, della società, delle relazioni umane. Solo se la mutazione sarà radicale, il disvelamento culturale del valore della cura sul piano dei diritti e delle libertà sarà un moltiplicatore”.

Convinte che non si può tornare alla situazione che c’era prima della pandemia, perché già tutto è cambiato e perché le cose non andavano bene. In questi mesi siamo state in prima fila come democratiche per orientare il programma del governo e il Next generation EU in modo da assumere come asse portante l’obiettivo della parità di genere, in modo trasversale a tutti i progetti.

Non ripeterò puntualmente le nostre proposte, sono nei documenti del Pd, nelle mozioni parlamentari, nel programma che il Partito Democratico ha consegnato al presidente Draghi.

Anche in vista della definizione del governo, nella nuova situazione che si è venuta a creare dopo la crisi politica aperta da Italia Viva, abbiamo incalzato il partito affinché nel raccogliere l’invito del Presidente Mattarella di dar vita a un governo largo e autorevole, al di fuori della formule politiche, guidato da una delle figure più autorevoli e prestigiose italiane, il professor Mario Draghi, che il tema del genere e della democrazia paritaria vivesse nella nostra proposta.

La presidenza del partito e la sottoscritta hanno chiesto al segretario un incontro per ulteriormente rimarcare la necessità che ci fosse un’adeguata rappresentanza femminile. Tema riproposta dal segretario nella relazione all’ultima direzione: “La figura del professor Draghi non è figlia di un’indicazione dei partiti. È stata avanzata nel pieno rispetto delle sue prerogative direttamente dal Presidente della Repubblica. Con il professor Draghi in qualità di Presidente incaricato, ora nel pieno rispetto dell’articolo 92 della Costituzione verrà formata la squadra di Governo alla quale ci atterremo e sosterremo. Chiediamo una squadra autorevole, formata nel rispetto del pluralismo politico e che rispetti il valore della differenza di genere”.

Sappiamo com’è andata. Per la prima volta nessuna democratica fa parte di un governo in cui partecipa il Pd. Al restringersi delle postazioni, le donne sono venute meno. Un esito annunciato da tanta stampa nei giorni precedenti, nonostante le prese di posizione del PD che ho ricordato. Ma di fatto nelle figurine dei giornali comparivano per i partiti progressisti e di sinistra quasi solo maschi, nonostante ci siano autorevoli donne fuori e dentro il parlamento e ce ne fossero nello stesso governo Conte due.

Del resto l’immagine, fatta eccezione per la Presidente, è un’immagine, guardando alle posizioni apicali, rappresentata da una leadership interamente maschile.

Ma su questo voglio essere chiara, anche nelle dichiarazioni di questi giorni ho fatto una fotografia del partito, non ho chiesto le dimissioni del vicesegretario Orlando, a cui rinnovo la mia stima. Non è questo il punto. Però penso che ci possa essere una vice segretaria donna, come è già stato. La segreteria di Zingaretti aveva cominciato con una vicesegreteria duale, insieme con Orlando c’era anche Paola De Micheli.

Premesso che la nomina dei ministri in questo governo è davvero avvenuta nel rispetto dell’articolo 92 della Costituzione, credo che questo non esima il Pd dal domandare a se stesso come sia stato possibile un esito che vede solo uomini tra i suoi ministri. Confermando l’immagine di cui sopra, come in una profezia che si autoavvera.

Sia ben chiaro, c’è una ragione per quelle nomine, di autorevolezza dei singoli e di funzione che hanno svolto. Non sto davvero ponendo una questione di persone.

Penso che più fattori abbiano determinato questo esito, abbiano portato a pensare che era quello che più garantiva l’equilibrio della delegazione e la rappresentanza del PD.

Di fatto nella stretta il pluralismo delle correnti ha prevalso, mettendo tra parentesi la questione del genere. Una terribile sottovalutazione dell’impatto che questo ha su tutto il PD, non solo sulle donne. Sulla sua immagine, sulla sua credibilità.

Una ferita, una battuta d’arresto, non so dirlo diversamente. Io credo che sia una questione che va oltre noi. Non è la prima volta, lo avevo detto nel mio intervento in direzione giovedì scorso, siamo entrati in questa legislatura non solo con il PD isolato e al minimo storico, ma anche con la macchia delle pluricandidature femminili. Donne messe in più liste per dimettersi e lasciare spazio a uomini. Grazie alle nostre iniziative in soli sei mesi, nella temperie della pandemia e nelle difficoltà del momento, questa Conferenza appena rinata ha faticosamente ricostruito una credibilità delle democratiche. Noi non dobbiamo perdere quello che abbiamo costruito, dobbiamo reagire e aprire una sfida sulla politica e il modo di essere del partito.

C’è una sottovalutazione nell’agenda politica di questo paese e nel dibattito pubblico della dimensione di genere della politica, della priorità che questa impone. E’ una battaglia da fare per le donne che vivono in questo Paese. Anche guardando più in generale alla composizione del governo il tema appare sottovalutato. Anche in relazione al dibattito pubblico che c’è stato in questi mesi attorno al recovery, ai movimenti che hanno preso le mosse attorno alla parola d’ordine Half of It, la sensazione è che neanche questo abbia contato nella composizione dei profili individuati e dei numeri del governo. Ci sono donne autorevoli, cosiddette tecniche e politiche, ma complessivamente sono poche, in una squadra di 23 ministri sono otto, di cui solo 3 sono a capo di un ministero con il portafoglio. Anche questo brucia.

Ma la questione riguarda prioritariamente noi. Non è davvero una questione di quote, ma è davvero una questione di politica e di cultura. Da noi ci si aspetta di più, anche perché avevamo fatto di più e veniamo da tradizioni che sanno dare di più, che hanno rappresentato e incrociato le grandi battaglie fatte dalle donne in questo paese. Una forza popolare che voglia rappresentare le istanze progressiste non può sbagliare su questo terreno. Nel mondo oggi le istanze di cambiamento vivono nel protagonismo delle donne.

E’ un problema di rapporto tra questo partito e la società. Adesso è un problema di credibilità di quello che siamo.

Io penso che vada fatto tra di noi un discorso di verità e di grande schiettezza. Sapevamo che era difficile la scommessa dell’autonomia in un partito fondamentalmente strutturato per correnti a guida maschile. Non si tratta di mettere in discussione il pluralismo, ma di rompere una gestione del potere tutta interna solo a questa logica. C’è un’enorme battaglia da fare sulla forma partito, sulla selezione dei suoi gruppi dirigenti e sul nostro modo di stare insieme. Va fatta in maniera aperta e trasparente.

Trasformiamo questo inciampo nell’occasione di un cambiamento, a partire da una discussione sincera. Su come vogliamo incidere nei processi politici, su come costruiamo una solidarietà tra noi.

Bisogna che qualcosa succeda subito. Non per risanare la ferita, o compensare l’assenza. Il tema della sottosegretarie o viceministre non è questione di risarcimento. Non ci accontentiamo delle retrovie. E’ un dato di fatto, ci sono donne competenti, il Pd dia un segnale subito e netto su questo.

Ma la questione è più generale e riguarda tutte le scelte. Il modo in cui determiniamo come Conferenza le scelte che si operano.

Io penso che questo strumento serve e vada rafforzato. Mi arrivano segnali, donne che hanno scoperto in questo frangente che esiste e vogliono aderire, che vogliono reagire. E’ una scelta stare nella Conferenza, chi ritiene che non sia questa la strada utile non è costretta ad aderire.

Io penso invece che vada rafforzata, che dobbiamo chiamare all’adesione nuove forze, proprio in ragione di una battaglia da fare. Perché il tema, ce lo siamo sempre detto, è cambiare il Pd, per renderlo più forte. Vorrei che fosse chiaro, non è una battaglia contro il Pd, è una battaglia per il PD per il centrosinistra e il Paese. Un partito che in questo momento è sotto attacco, l’obiettivo di molti è la sua liquidazione. Io in questi due giorni ho ricevuto anche tanti messaggi di uomini che guardano a noi come un motore di rinnovamento di questo partito di apertura alla società. Su questo bisogna agire il conflitto. Perché c’è una questione maschile anche dentro il PD.

Per questo il prossimo coordinamento proporrò un comitato politico di questa conferenza.  Ma la Conferenza non è la soluzione, è uno strumento. Prima di tutto d’iniziativa politica, ci sono battaglie da fare, il tema del piano per l’occupazione femminile oggi ha come interlocutore un ministro del nostro partito, con cui potremo fare un cambio di passo. C’è la questione del recovery e di come sostanzia la trasversalità della parità di genere,

La conferenza è anche uno strumento verso il partito. Quindi anche una discussione del PD, anche in vista dell’assemblea nazionale del partito, che si terrà entro il mese di febbraio come detto dal segretario nell’ultima direzione “per avviare una discussione sul futuro, il nostro modo di contribuire all’azione di Governo e prepararci alla sfida delle elezioni amministrative che coinvolgeranno 1200 comuni e venti milioni di italiani”

Quindi in sostanza tre cose:

  • Subito una riunione del comitato politico in vista del completamento della squadra di governo e in generale per discutere le modalità in cui vengono prese decisioni sugli assetti, la necessità che anche nelle posizioni apicali ci siano donne.
  • Rilancio percorso Conferenza sia la sua costruzione nei territori, attraverso una campagna adesione per battaglie da far vivere da subito nelle amministrative.
  • Discussione che riguarda il partito tutto, e che non si esaurisce oggi e continuerà, è una discussione che non riguarda solo noi ma tutto il partito, tanto più che a breve avremo un’assemblea nazionale sul nostro futuro

 

 

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