sabato 3 Giugno 2023

Dalle donne riparte il rilancio del Partito Democratico
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Con la Direzione nazionale del Pd e la relazione positiva e condivisibile del segretario Zingaretti, anche attraverso il contributo dei due ordini del giorno presentati e accolti, il Partito Democratico ha finalmente avviato una discussione politica plurale e di livello (peccato solo i pochi interventi di dirigenti uomini) sui temi che devono riqualificare, rigenerare e rilanciare, a partire dalla parità di genere nella rappresentanza, la propria identità e funzione.

Non proporre nessuna donna tra i nomi per i ruoli di ministro nel governo Draghi è stato un errore politico che sarebbe sbagliato considerare frettolosamente risolto e superato con la nomina, pur positiva, di cinque sottosegretarie su sei o con una discussione solo formale.  Un errore la cui portata va misurata e messa in relazione al protagonismo espresso dalle donne in questi mesi e al contributo, davvero positivo ed efficace, che le donne hanno offerto dentro e fuori il Parlamento nel qualificare le azioni che governo e istituzioni – penso in particolare al Pnrr e a livello europeo al NGEU – hanno indicato per la ripresa e il rilancio economico, sociale e culturale.

E a questo impegno che si deve l’approccio mainstreaming di genere che trasversalmente attraversa missioni e obiettivi da mettere in campo per cambiare il modello organizzativo della società, di sviluppo e di consumo in chiave più equa e sostenibile, più inclusiva delle competenze e dei talenti femminili e quindi capace di rappresentare una vera occasione di rilancio, di crescita, di sviluppo per tutte e tutti.

Fin dal maggio scorso con la mozione votata in Senato per un piano straordinario per l’occupazione femminile, lotta al gender gap, parità salariale, meccanismo di valutazione ex ante dell’impatto di genere di tutte le politiche, le donne Pd hanno portato avanti temi e proposte condivise con un vasto movimento di donne e uomini che attraverso reti, associazioni, sindacati, forze datoriali, imprese, Università, enti sociali e culturali, hanno fatto sentire la loro voce. Penso al manifesto “Donne per la salvezza” promosso dalla rete di Half of it che lancia una serie di azioni concrete, le stesse che nelle commissioni e aule parlamentari i gruppi Pd di Camera e Senato hanno promosso, per il superamento delle disuguaglianze di genere, principale freno al potenziale di sviluppo del nostro Paese.

Anche per questo l’assenza di ministre del Partito democratico nel governo Draghi ha sollevato una forte reazione negativa e determinato una caduta di autorevolezza nei rapporti con le associazioni e l’intera società. Per la distanza tra le affermazioni e la pratica e perché ha proiettato l’immagine di un partito non in sintonia con la realtà di un Paese di donne e uomini in cui la crisi pandemica ed economica del 2020 ha colpito soprattutto queste ultime. Sul fronte del lavoro, prendendo a riferimento il solo dicembre, su 101mila occupati in meno rispetto al mese precedente, 99mila sono lavoratrici, dipendenti e autonome. Un dato sconcertante, drammatico e tuttavia ampiamente atteso.

Già fortemente penalizzate in epoca pre covid, le donne hanno dovuto sopportare più degli uomini gli effetti della crisi. Le responsabilità di cura dei figli, degli anziani, della casa si sono sommate spesso a modalità di lavoro da remoto pesanti e molto poco smart mentre, nel frattempo, erano loro – penso in particolare ai duri mesi del lockdown – a garantire negli ospedali, nei supermercati e in molti altri settori i servizi essenziali.

Un contributo che purtroppo ancora non trova corrispondenza in un pieno e concreto riconoscimento sociale ed economico. In Italia non solo le donne lavorano meno degli uomini ma vengono anche pagate meno e hanno meno opportunità di carriera. Un partito davvero progressista, riformista e femminista dovrebbe, anzi, deve porsi come obiettivo e mettere al centro della propria azione la concreta rimozione degli ostacoli indicati dall’articolo 3 della Costituzione che impediscono, di fatto, la piena uguaglianza tra uomini e donne.

Per questo abbiamo indicato come asse della nostra proposta politica l’aumento dell’occupazione femminile, il superamento dell’obbligo per le donne di dover scegliere tra lavoro e maternità, la lotta alla violenza di genere.

E quindi l’investimento strategico in infrastrutture sociali, in asili nido, in istruzione e formazione permanente di qualità, in welfare di prossimità ossia in quelle azioni in grado di liberare il tempo delle donne mettendole in condizione di non dover rinunciare né al lavoro né ai figli e di contribuire così a far crescere il Pil di questo Paese. Almeno del 7%, secondo Banca d’Italia.

Questi sono i temi che abbiamo voluto discutere in Direzione e che vogliamo che il Pd si intesti nelle istituzioni. Ma non basta dichiararsi un partito che mette al centro gli interessi delle donne non come categoria da tutelare ma come metà della popolazione da rappresentare, includere e valorizzare se poi al momento di tradurre in scelte concrete il principio della parità iscritto anche nel nostro Statuto e quindi fondativo del Partito Democratico, il criterio non è quello della pari rappresentanza di genere.

Ecco perché è stato fondamentale portare in Direzione le proposte della costituzione nel partito di un osservatorio sull’impatto di genere delle scelte, dell’inserimento del vincolo del 50% di donne e di uomini in tutte le nomine, la promozione di un laboratorio standard, replicabile, sui femminismi, la valutazione di un meccanismo di rotazione di genere negli incarichi. Ed ecco anche perché, come ha riconosciuto opportunatamente il segretario Zingaretti, è e sarà fondamentale un confronto vero, profondo, ampio. Un dialogo franco, plurale, aperto al contributo dei nostri circoli, delle iscritte e degli iscritti, delle simpatizzanti e dei simpatizzanti, delle associazioni e dei mondi con cui intendiamo relazionarci sull’identità del partito, sulla sua funzione, sul ruolo che deve svolgere oggi nella società per accompagnare il Paese attraverso i cambiamenti e per saperli governare.

Non dobbiamo avere fretta di chiudere questa discussione. Una discussione sana, rigenerante e rigenerativa, capace di rilanciare il Pd contro chi vorrebbe affossarlo e renderlo subalterno, privo di un’identità chiara in un momento in cui, la necessità di governare al fianco di forze politiche completamente alternative alla nostra, distanti nei valori e nei principi, ci richiama alla responsabilità di presidiare i nostri e rilanciarli con più forza e determinazione. L’uguaglianza di genere, la condivisione delle responsabilità e delle opportunità tra donne e uomini, la lotta a ogni forma di violenza e discriminazione sono iscritti nella Costituzione italiana ma anche nel nostro dna di democratiche e democratici.

Chi se non noi può e deve attivare e guidare quel cambiamento culturale basato sulla parità, la libertà e l’autodeterminazione delle donne, sulla cultura del rispetto? Chi se non le donne, con la loro capacità nella loro plurale cultura di governo dei processi, possono essere protagoniste di questo cambiamento per mettere al centro la cura dell’ambiente, le produzioni innovative, la digitalizzazione per portare l’Italia fuori dalla crisi? Questa è una scelta politica, una scelta civile, una scelta fatta non per le donne, ma per tutti, donne e uomini! Per attivare tutte le energie che abbiamo a disposizione per superare l’emergenza e rilanciare il Paese, farlo tornare a crescere.

Da qui passa il rilancio del Partito Democratico come forza a vocazione maggioritaria, riformista, ambientalista e femminista. Solo così, anche nei prossimi mesi che ci vedranno impegnati al governo e in Parlamento riusciremo a non disperdere uno straordinario patrimonio politico, sociale, culturale costruito in questi 14 anni, a non perderci e a non perdere di vista chi siamo e quale Paese vogliamo costruire per garantire futuro e benessere alla nuova generazione.

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