Dentro questa emergenza che ci ha costretti in casa per settimane la natura intorno a noi ha proseguito secondo il suo corso. Sarà capitato a tanti di notare, uscendo dopo giorni di quarantena, gli alberi in fiore nelle nostre città; stupirci per qualcosa di cui forse ogni anno, a ripensarci, nemmeno ci accorgiamo e che invece ha ora il potere di rasserenarci, seppure per un attimo. Fanno effetto le immagini degli animali che riconquistano spazi urbani, le acque cristalline nei canali di Venezia, i cieli di Lombardia finalmente liberi dalla cappa di inquinamento che ci restituiscono skyline ormai dimenticati proprio delle città più martoriate dal Coronavirsu. C’è qualcosa di enorme che stride tra il miglioramento dei dati ambientali registrato in queste settimane e la portata devastante dell’epidemia, qualcosa che ci obbliga a interrogarci nel profondo e insieme a rifuggire alla tentazione di banalizzazioni e ricette semplicistiche.
L’impatto che questa epidemia ha avuto sulla società e sull’economia ha messo in luce tutti i limiti del modello di sviluppo che abbiamo conosciuto fin qui. Ci impone di guardare in faccia alle contraddizioni del nostro sistema economico e sociale, ci chiama a scelte urgenti e coraggiose per sciogliere nodi irrisolti da tempo e per rispondere a sfide inedite. Le emissioni di CO2 sono crollate, così come il prezzo del petrolio, ma cosa succederà con la ripresa economica che tutti auspichiamo? Come torneremo a muoverci in modo sostenibile e sicuro per la salute di tutti, come ci orienteremo banalmente tra trasporto pubblico e trasporto privato? Saremo capaci di fare tesoro delle modalità di lavoro e di apprendimento a distanza sperimentate in questi mesi, colmando gli enormi ostacoli che ancora escludono un parte importante della popolazione, fatalmente ancora una volta quella più fragile, da tante opportunità?
Non illudiamoci che sarà facile. Il faticoso lavoro di affermazione delle ragioni di uno sviluppo sostenibile rischia di essere messo sotto attacco dalla vecchia ricetta di chi pensa che ambiente e sviluppo non possono stare insieme. O peggio che per rimettere in moto l’economia la sola strada possibile è quella di consumare senza limiti le risorse naturali, spazzare via regole e fingere di ignorare il costo sociale e ambientale che ogni scelta porta con sé. E’ la vecchia ricetta della destra italiana che oggi invoca a gran voce nuovi condoni edilizi e che in Europa chiede di archiviare l’European Green Deal. E invece l’economia per ripartire in questo momento deve fondarsi proprio su una nuova e solida alleanza tra salute e ambiente. Dall’Europa arrivano segnali incoraggianti: 12 ministri dell’ambiente e altri ministri, tra cui Enzo Amendola, hanno firmato un appello per una ripresa ecologica dalla pandemia di COVID-19; forze politiche, del mondo economico e della società civile hanno dato vita alla European Alliance for Green Recovery, una grande alleanza europea per una ripresa economica all’insegna dello sviluppo sostenibile. “Il Patto Verde non è un lusso da abbandonare perché affrontiamo una crisi, anzi è essenziale per tirarci fuori dalla crisi e per il futuro dell’Europa”. Con queste parole il vicepresidente della Commissione europea Frans Timmermans ha indicato la strada da perseguire, senza tentennamenti e coinvolgendo la responsabilità dei governi, dei territori, delle imprese e della società civile. Stiamo affrontando una prova difficilissima e inedita; non ne usciremo percorrendo strade già conosciute. È il tempo dell’immaginazione e del coraggio, per costruire una nuova stagione di sviluppo che tuteli l’ambiente e la salute e che scommetta con ancora più decisione su economia circolare, investimenti pubblici e privati nella protezione del territorio e nella gestione delle risorse naturali, riqualificazione delle nostre città, transizione in chiave ecologica di tutti i settori produttivi, formazione di nuove competenze professionali per accompagnare questo processo e creare nuove opportunità di lavoro. Non è solo un’occasione che non possiamo permetterci di sprecare; è l’unica strada possibile che abbiamo e non dobbiamo sbagliarla.
[…] sotto il link al mio editoriale per Immagina […]
è proprio la mia paura, che per uscire dalla crisi si ricominci a cementificare ed asfaltare ogni spazio verde. Ma sembra che per l’Italia esista solo questo metodo, costruire ed abbandonare. Strade costosissime poco utilizzate pensate solo per far cassa mentre i ponti crollano e la gente muore, centinaia di capannoni inutilizzati,case e appartamenti vuoti e sfitti… non esiste consumare suolo fino a che tutto l’esistente non verrà di nuovo utilizzato e tutta la rete stradale non verrà messa in sicurezza.
Una società che punta allo sviluppo sulla cementificazione e l’asfaltatura è una società senza futuro.