Riconoscere agli immigrati diritti e doveri è una battaglia profondamente giusta
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Oggi più che mai dare volto, voce, diritti e doveri ai cosiddetti ‘invisibili’ rende non solo più sicura e tutelata la loro vita, ma anche la nostra. Basta pensare alle aberranti situazioni in cui molti di loro sono costretti a vivere, accampati in sovraffollate baraccopoli, in condizioni igieniche inesistenti. Ripristinare regole e vivibilità, non è solo un atto di civiltà è un modo per rendere più sicura dal punto di vista dell’igiene pubblica e della situazione sanitaria di tutta la comunità.

E non si tratta solo di ‘sicurezza sanitaria’. Il lavoro ‘clandestino’, il lavoro nero , che è alla base delle relazioni di sfruttamento, che crescono con la situazione di vulnerabilità di uomini, donne e anche bambini, è un humus potentissimo per far ramificare e diffondere la criminalità organizzata.

In una bella intervista ad Avvenire il procuratore nazionale antimafia Federico Cafiero de Raho lo dice con nettezza: regolarizzare gli immigrati che lavorano nel nostro Paese “non darebbe solo corpo al senso di umanità che deve sostenere qualunque iniziativa politica e sociale”, ma inoltre “impedirebbe alle mafie di continuare a gestire le difficoltà e le sofferenze di queste persone con l’intimidazione e il condizionamento… Sarebbe un duro colpo al mercato del lavoro sostenuto e controllato dalle mafie”.

C’è poi anche il ‘côté economico’: già oggi gli immigrati regolari producono ricchezza in Italia il 9% del PiL); le imprese guidate da stranieri sono fattori dinamici e vitali del nostro tessuto imprenditoriale; il contributo degli immigrati ha un peso rilevante anche sui conti previdenziali; ci sono interi settori, l’agroalimentare e i servizi alla persona in primis che, come dimostrano le difficoltà emerse con questa crisi, senza il lavoro degli immigrati non si reggono.

Questi esempi potrebbero essere sufficienti a far dire a qualsiasi persona di buon senso: ‘È una scelta logica, che ci conviene’. Ed è così: regolarizzare, rendere legale il lavoro degli irregolari ci conviene.

Ma non è per questo che il Partito Democratico aveva posto con forza questo tema già nei tavoli della verifica di Governo, ben prima dello scoppio della crisi del Covid19. Ne avevamo parlato a Bologna in un gruppo di lavoro partecipato e appassionato, ne avevamo discusso nel seminario di Rieti ed abbiamo deciso insieme, con una condivisione davvero ampia e motivata, che il PD di questo tema avrebbe fatto una sua battaglia fondamentale, prima di tutto perché ritiene questa battaglia profondamente giusta.

Il nostro Paese è da tempo innervato in ogni snodo sociale, culturale e lavorativo dalla presenza di uomini e donne di origine straniera, come ci ricorda in un bel post su Facebook Marco Paciotti. Pensare di continuare ad affrontare la questione sempre in chiave emergenziale è un grave errore. Occorrono soluzioni strutturali, il tema merita una grande e approfondita riflessione da parte della politica tutta per mettere a punto nuovi strumenti legislativi che riconoscano diritti e doveri sociali e politici.

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1 COMMENTO

  1. Serve un salto di qualità nell’approccio, più inclusivo e meno divisivo.
    I problemi degli immigrati sono gravi, così come quelli dei non-immigrati.

    Bisogna costruire una misura la più ampia possibile: un reddito di base universale e incondizionato.

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