Perché il voto sul recovery plan è così importante (e perché i sovranisti disprezzano l’Italia)
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Il parlamento europeo aveva chiesto di esserci, aveva mostrato di voler esserci, e ha fatto in modo di esserci. La risoluzione votata dall’aula di Bruxelles da tutti noi deputati europei è infatti prima di tutto una prova della forza della più grande istituzione democratica al mondo. E prima che nel merito è importante sottolineare come nel cammino europeo, a volte non spedito come vorremmo, sia proprio il parlamento a riprendere l’iniziativa, quel parlamento che è da sempre la punta avanzata dell’europeismo.

Il parlamento non è andato in lockdown. Se a volte la Commissione frena, se il Consiglio dei governi è spesso un momento di ostacolo al dialogo e all’adozione di incisive politiche comuni, il parlamento, massima espressione diretta della volontà dei 500 milioni di cittadini europei, è da sempre il battistrada. Un parlamento, e questo come democratici ci rende particolarmente orgogliosi, guidato proprio da un esponente del Pd. A conferma del grande valore della nostra classe dirigente.

Ma è anche per il merito che la votazione di oggi segna un elemento particolare. Con il suo si al Recovery Plan, la nostra istituzione ha inteso inviare un messaggio preciso sia alla Commissione di Ursula von der Leyen sia ai governi: attenzione, nel grande piano di aiuti che si sta predisponendo per uscire dalla crisi pandemica, serve più Europa, ma soprattutto serve che l’Europa ragioni da Europa. Serve cioè che il Recovery Fund, sia agganciato al bilancio europeo così che il parlamento possa esercitare il controllo democratico, e serve che la Commissione introduca elementi di riequilibrio così che il mercato interno non sia sbilanciato, e il solco tra i vari paesi non venga accresciuto. Cosa che potrebbe avvenire se si andasse avanti con il metro usato fino a ora.

E’ evidente infatti che la potenza di fuoco immessa nell’economia da un paese come le Germania non è paragonabile alla nostra, ed è chiaro che senza una regia europea, i paesi che in Europa stanno meglio in termini di saldi finanziari finirebbero per uscire dalla crisi prima degli altri. Per l’Italia quindi il fatto che sia la Commissione e anche il Parlamento a dire una propria parola, e non tutto venga lasciato alla legge del più forte, è di grande importanza.

C’è poi da sottolineare anche l’atteggiamento di alcune forze politiche del nostro Paese che purtroppo non hanno perso occasione di mostrare il loro provincialismo, e in definitiva il loro disprezzo del bene dell’Italia. Mi riferisco alla Lega e a Fratelli d’Italia. Come accaduto per il Mes, i sovranisti di casa nostra non sono riusciti a superare gli steccati ideologici che si sono auto-imposti, e che a questo punto finiranno per tenerli prigionieri. Se da democratici questo in un certo senso fa il nostro gioco, perché mostra come l’opposizione in Italia si faccia solo sugli slogan e non sui contenuti, da italiani certo ci rattrista. Salvini e Meloni non fanno che porre l’accento sul concetto di “interesse nazionale”, e solo un cieco potrebbe non accorgersi di quanto sarebbe utile al Paese in questo momento potersi sedere ai tavoli negoziali europei con una posizione comune tra tutte le forze politiche. Inutile sbraitare sui social, inutile usare immagini ridicole come quelle del “battere i pugni sul tavolo” che in Europa non valgono niente. In Europa serve una posizione negoziale forte e idee chiare sull’interesse del Paese. Noi ce l’abbiamo, Salvini e Meloni no.


Simona Bonafè è europarlamentare del Pd e segretaria regionale del Partito Democratico della Toscana

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