Tutta la forza delle donne per cambiare davvero

Quali saranno i nuovi paradigmi, i nuovi assetti della società, del mondo del lavoro, della vita familiare, quali le nuove abitudini e i nuovi modelli culturali che prevarranno nel mondo e nell’Italia nel tempo condizionato dal Covid? Come fare in modo che il cambiamento attivato dalla pandemia non si concluda in un arretramento sul piano dei diritti umani, civili e sociali? Come usare la crisi per riprendere con più forza e capacità di accelerazione la strada dell’uguaglianza, delle pari opportunità, del contrasto a ogni forma di discriminazione?

Credo che il dibattito che si sta attivando nella Conferenza delle democratiche, alla vigilia dell’elezione della Portavoce, debba concentrarsi sulle risposte a queste domande, e sull’impegno comune per far sì che nella sfida complessa che abbiamo di fronte si mettano a frutto tutte le energie femminili, indispensabili per ripartire e per attivare un reale cambiamento.

L’abbiamo detto tante volte: il contributo maggiore delle donne al futuro, al lavoro, all’impresa, alla politica, alle istituzioni, al sociale, non è una questione femminile, non è (solo) nell’interesse delle donne, ma di tutta la comunità. Mettere le donne al centro delle prospettive di cambiamento e crescita è il più grande acceleratore che abbiamo a disposizione.

Occorre allora costruire insieme – a partire dal confronto proprio tra democratiche – un piano di riequilibrio sociale ed economico che sappia puntare sulla parità di genere, sulla parità di opportunità di lavoro e di vita, sulla libera scelta di maternità e genitorialità, sul contrasto a ogni forma di violenza, sul rispetto delle differenze e sulla condivisione come principio che regola la vita affettiva e relazionale. Serve un investimento politico e sociale vasto, fatto di incentivi e bonus, ma ancor più di servizi, di possibilità reali di cambiamento della quotidianità, per renderla più facile e più densa di opportunità per tutte e tutti. E ancora di cambiamento culturale, che deve accompagnarsi a quello sociale ed economico, e che parte dalla scuola e dalla formazione e segue quella filiera della conoscenza che credo sia il fattore su cui puntare in Italia e in Europa per tornare a far crescere la nostra competitività.

Si tratta di una questione di uguaglianza come definita dall’art 3 della Costituzione, di valori al centro delle prospettive europee (con la Commissione che ha annunciato una nuova strategia dell’UE in materia di uguaglianza di genere) e internazionali, con la parità di genere tra i fondamenti dell’Agenda 2030 dell’Onu per lo sviluppo sostenibile.

Non possiamo negare il rischio che gli effetti del cambiamento che ci ha investiti con tanta veemenza siano più negativi che positivi, che siano asimmetrici, che non andrà tutto bene. Le cose non andranno bene da sole, serviranno azioni precise e decise per dare al cambiamento la direzione che riteniamo più giusta e positiva. Il rischio, altrimenti, è che a subire l’impatto più negativo siano ancora una volta proprio le donne. Da un lato perché i settori che più a lungo subiranno la crisi (turismo, servizi) sono a forte occupazione femminile, dall’altro perché c’è il concreto pericolo che lo “stare a casa” – e poi lo smart working – si trasformino in un consolidamento di quegli stereotipi maschilisti che per troppo tempo hanno cristallizzato funzioni e compiti, per gli uomini e per le donne, nella società, nel lavoro e nella famiglia. Un diverso equilibrio di valori e abitudini sociali potrebbe invece liberare energie e dare forza a quelli ambiti di impiego già a forte presenza di lavoratrici, come sanità, istruzione e servizi sociali e alla persona, che la pandemia ci indica come fondamentali e da implementare per garantire qualità della vita e benessere diffuso. 

Questa credo debba essere l’agenda della Conferenza delle democratiche, con l’impegno di lavorare insieme, con spirito di collaborazione e condivisione. Pluralismo, autonomia e autorevolezza devono essere i valori di questo impegno, i valori della Conferenza, i valori di tutte noi.

Occorre un percorso partecipato, libero, plurale, costruttivo, che sappia condividere una visione e poi interessare, attrarre, aggregare le donne fuori dal PD, iniziando dalla rete di associazioni e movimenti femminili e femministi. Senza mai chiuderci, ma lavorando a partire dalla Conferenza – dando forza a questo luogo, contaminando di innovazione tutto il partito, superando ogni tipo di resistenza ad una vera valorizzazione delle donne – per dar vita a una soggettività politica e una leadership femminile rinnovata, forte, autentica, autonoma, autorevole, plurale.

Credo in questo senso che sia un valore avere una competizione aperta e vera per la scelta della Portavoce della Conferenza, ruolo per il quale ho deciso di sostenere Titti Di Salvo. Credo nel confronto come strumento per dare maggiore forza e riconoscimento al nostro pluralismo di analisi e proposta. Riconoscerci e darci reciproca forza: questo è il primo empowerment femminile collettivo, così si costruisce unità vera.

Ho deciso di sostenere Titti perché condivido l’ambizione che disegna per la Conferenza, di “segnare il profilo della visione moderna della rinascita del paese  e dell’Europa, in modo che modernità e diritti si alimentino, e di aiutare il cambiamento autentico del PD in questa direzione, costruendo una relazione vera con le donne nel paese.”

Sono inoltre convinta della necessità di un confronto largo e partecipato, di un ascolto vero e reciproco, di una forte condivisione nell’elaborazione, del valore di un pluralismo di culture, di generazioni, di territori. La Conferenza dovrà essere una casa aperta, inclusiva, capace di accogliere, sostenere, rappresentare e promuovere la partecipazione di tutte le democratiche e di tutte le italiane che vorranno condividere il nostro cammino.

Proprio pensando alle italiane – e agli italiani, soprattutto i più giovani – dobbiamo avere l’ambizione e la forza di proporre un patto tra politica e donne, per costruire un paese e una Europa per donne e uomini, per agire concretamente per un cambiamento totale del paradigma su cui è basato il nostro sistema produttivo, di consumo e di relazione, e per realizzare un nuovo modello di crescita frutto di una cultura dell’innovazione, della sostenibilità, dell’etica, dell’uguaglianza e dell’equità, capace di mettere al centro la persona e il benessere generale.

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