Parità di genere tradita in Puglia, il Consiglio rispetti gli impegni presi

Tra un paio di mesi la Puglia andrà al voto per il rinnovo del Consiglio Regionale. Un Consiglio Regionale, quello uscente, che, colpevolmente, in questi cinque anni nulla ha fatto per introdurre nella propria legge elettorale il principio della parità di genere come indicato dalla nostra Carta Costituzionale e dalle Leggi n. 20 del 2016 e n.165 del 2017.

Eppure in questi anni moltissime sono state le sollecitazioni, provenienti da ogni settore della società, per procedere in tale direzione. Non da ultimo, il 5 giugno scorso le Consigliere di Parità Regionali Anna Grazia Maraschio e Stella Sanseverino, in una lettera indirizzata al Ministro Boccia, dichiaravano: “Condividiamo l’appello del Presidente Emiliano fatto nei giorni scorsi al Governo per un intervento legislativo nazionale che obblighi, senza ulteriori differimenti, il Consiglio Regionale Pugliese ad adeguare la propria legge elettorale ai principi costituzionali. …… Avvertiamo la necessità – scrivono le Consigliere – di rivolgerci a Lei e chiedere un’audizione in Conferenza Stato-Regioni per portare alla Sua attenzione alcune riflessioni in merito all’adozione di specifiche misure per la promozione delle pari opportunità̀ tra donne e uomini nell’accesso alle cariche elettive”.

Sempre il 5 giugno scorso, la Presidente della Commissione Pari Opportunità, Patrizia del Giudice, scriveva al Presidente per la nota questione dell’adeguamento della legge regionale elettorale n.2 del 2005 alla legge quadro nazionale n. 20 del 2016, in materia di equilibrio di genere dichiarando: “Di recente Ti è stata offerta la grande possibilità di superare con la Tua autorità e con l’esercizio del potere che Ti compete l’impasse cui sembra (volontariamente?) caduto il Consiglio regionale”, riferendosi a quanto dichiarato sull’argomento, alla stampa locale, da Marida Dentamaro, autorevolissima avvocato e docente di diritto amministrativo e già senatrice componente della commissione Affari Costituzionali del Senato.

“La norma statale è autoapplicativa. Emiliano, se volesse, potrebbe introdurla nel decreto di indizione delle elezioni, senza il voto del Consiglio”. Condivido tali appelli ma non vorrei che facendo ciò si legittimi la deresponsabilizzazione della maggioranza consiliare. Troppo semplice riversare ogni responsabilità sul Presidente Emiliano dimenticando come, nella campagna elettorale del 2015 la coalizione di centro-sinistra siglò un PATTO con tutta la Comunità Pugliese con la sottoscrizione di un programma elettorale in cui la parità di genere divenne uno dei punti programmatici.

Il programma di governo, che porto all’affermazione di Michele Emiliano, fu realizzato attraverso un inedito processo partecipativo, con l’obiettivo di coinvolgere tutte le sei province pugliesi. Tremila cittadini di tutta la regione contribuirono a scrivere quell’agenda politica, dando vita a un percorso di confronto e di proposta che ha visto protagonisti i territori, gli amministratori, i sindaci, i partiti, i movimenti, il mondo dell’impresa e del sociale, le associazioni allo scopo di costruire insieme le linee guida del governo della Puglia. Un circolo virtuoso fra la democrazia partecipata e quella rappresentativa.

La visione strategica di questo documento, fortemente ancorata ai valori della Costituzione repubblicana, è quella di una regione competitiva, coesa e sostenibile, che valorizza gli asset specifici dei territori come leve fondamentali di un nuovo piano di programmazione per lo sviluppo economico e sociale della Puglia. Ebbene, in quel programma si affermò “l’Approvazione di una nuova legge elettorale che restituisca dignità alle istituzioni e alle donne, introducendo la doppia preferenza di genere, …” (RIASSETTO ISTITUZIONALE, Azioni). Ed ancora: “Non esiste cittadinanza pienamente realizzata senza un’effettiva parità di genere. Già 3 anni fa ben 30mila pugliesi presentarono al Consiglio regionale una proposta di legge d’iniziativa popolare, che avrebbe introdotto la doppia preferenza, nel rispetto dell’art. 117 della Costituzione italiana. Nelle precedenti due legislature, il Consiglio regionale ha respinto questa proposta. Noi la consideriamo parte integrante del nostro programma di governo e ci impegniamo a realizzarla nella prossima legislatura, modificando l’attuale legge elettorale in direzione di un riequilibrio di genere della rappresentanza. Il tema della democrazia paritaria è uno dei punti cardine di un modello di welfare maturo che sappia andare oltre il bisogno.” (DIRITTI E CITTADINANZA, Azioni).

Un patto di sincerità con i cittadini ma soprattutto con le cittadine, il contrario della demagogia. Vi è, quindi, un impegno morale, etico e politico che i consiglieri di maggioranza (uomini e donne) avevano assunto con tutto l’elettorato soprattutto con quello femminile che in Puglia, tra l’altro, rappresenta con oltre il 51% la maggioranza degli elettori. Donne che in una tornata elettorale potrebbero rappresentare, numeri alla mano, l’ago della bilancia e che necessitano di un’equa rappresentanza nelle posizioni decisionali. Ma in un sistema di machismo imperante come si può garantire un’equa rappresentanza politica alle donne? Come possono le donne fare la differenza nei processi decisionali relativi alla cosa pubblica con le loro competenze e la differente visione della vita e del futuro? Ecco che la doppia preferenza di genere rappresenta un valido strumento per dare piena attuazione non solo al dettato normativo ma, anche, per un’effettiva parità dei diritti delle donne.

Attendiamo che il Consiglio Regionale della Puglia voglia rispettare il patto sottoscritto nel 2015 con la sua comunità. Auspichiamo coerenza perché è questa che da credibilità a chi agisce. Ma se così non fosse? Beh, ricordino le donne nel recarsi alle urne che in Puglia rappresentano più del 51% dell’elettorato, un elettorato che può fare la differenza!

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