I valori democratici e civili della Toscana contro i seminatori di odio
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La campagna elettorale è, da sempre, un momento spartiacque. Un passaggio meraviglioso, intenso, duro, cruciale. Ma costituisce anche una cartina tornasole in cui emerge il dna profondo degli schieramenti in campo, il loro profilo culturale, la loro cifra politica.

In Toscana, terra che tutti conoscono per la bellezza paesaggistica, culturale e sociale, la straordinaria suggestione visiva “da cartolina” si è sempre accompagnata ad una bellezza più profonda: quella dei valori del rispetto, della civiltà e della coesione. Eppure una crepa in questa profonda bellezza si è aperta e stiamo vivendo un punto di non ritorno.

Lo si respira ogni giorno. Da vice presidente del gruppo Pd nel Consiglio regionale della Toscana e come candidata alle prossime elezioni regionali nei comuni della Piana ho incontrato centinaia di persone, ascoltando le loro speranze e le loro inquietudini. E, sia chiaro, anche le loro paure. Il timore è che quella bellezza rischi di essere intaccata, bistrattata, mortificata e stravolta.

Lo voglio dire senza filtri: qui si sta giocando una partita culturale, oltre che politica. Ed io ne sono testimone diretta. Una partita che mostra, sul versante della destra, un’arma tra le più pericolose che esistano: quella dello stereotipo. Si parte dello stereotipo – anche quello più vile – per costruire un messaggio violento, offensivo, distruttivo.

Un consigliere comunale di Scandicci, eletto nelle liste della Lega, già salito agli “onori” della cronaca per i trionfanti selfie scattati davanti al mausoleo di Mussolini a Predappio, si è scagliato violentemente contro di me, per il semplice fatto di aver sottolineato – com’è giusto e naturale – che il fascismo non è un’opinione politica, ma un reato. Mi ha risposto che “il fascismo non c’è più se non nella tua testa. Ti vedo un po’ acida, in genere quando le donne sono così acide significa che gli uomini scarseggiano. Forse sarebbe meglio che ti iscrivessi a Tinder”.

Una mia collega, Monica Patino Gomez, candidata a Firenze nelle liste del PD, è stata negli ultimi giorni bersaglio continuo di frasi sessiste e violente sui social. Stessa sorte per una valentissima Sindaca del nostro territorio, Monica Marini, con minacce che fanno tremare i polsi. E parlo solo dei fatti più recenti.

Il problema vero è che tutto questo non è un frutto casuale, sporadico, o una serie di battutine amare. E’ il frutto di un percorso. Ci sono responsabilità politiche, dirette e palesi. Nelle frasi stesse della candidata Presidente della destra, Susanna Ceccardi, che durante la Giornata contro la violenza sulle Donne, nel 2016, ha testualmente dichiarato che alle donne vittime di violenza dovremmo piuttosto insegnare “a non fare le prede”.

Il capovolgimento totale, quindi tra vittima e carnefice. Gravissimo. E’ il frutto delle dichiarazioni del leghista Roberto Salvini, espresse direttamente in Consiglio Regionale, secondo cui servirebbero “le donne in vetrina” per rilanciare il turismo termale toscano. E’ il frutto di Marco Stella, consigliere di Forza Italia e Vicepresidente del Consiglio Regionale, che mentre denunciavo la cultura machista della destra, cercava di silenziarmi – inutilmente – con un delicatissimo “Stai bona”.

Noi di fronte a tutto questo reagiamo e continueremo a reagire fino a che avremo fiato. Perché la Toscana è e sarà sempre quella della rete dei Centri Antiviolenza e del Codice Rosa, il pronto soccorso per le donne vittime di violenza nato in questa terra.

La Toscana è e sarà sempre una straordinaria comunità che saprà reagire con il sorriso e la bellezza dei valori ai seminatori di odio. Lo faremo caricandoci sulle spalle il dovere di trasmettere i valori e il rispetto della nostra meravigliosa Toscana alle generazioni che verranno dopo di noi.


Monia Monni è consigliera regionale del Pd, ricandidata alle elezioni del 20 e 21 settembre.

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