La variante veneta. Una narrazione iconica che punta solo al consenso
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La tesi che il Coronavirus circoli liberamente nella pandemia non è propriamente corretta. È vero, o quasi banale, dire che il virus circoli grazie a noi che ne siamo portatori. Se tenessimo bene a mente questa affermazione forse avremmo evitato un buon numero di nuove infezioni in tutto il Paese. Almeno nella seconda ondata.

Senza alcuna polemica in un periodo così complicato, soprattutto leggendo i bollettini sul contagio nella mia regione, è lecito oggi domandarsi cosa stia succedendo in Veneto. Regione rappresentata dal presidente Luca Zaia con un susseguirsi di eterogenee prese di posizione durante tutto l’anno che volge ormai al termine; dai “cinesi che mangiano i topi”, dall’”aprite tutto al chiudete tutto”, “alla zona gialla plus” con buona pace di chi voleva i ristori delle zone arancioni-rosse, e che ora si trova flagellata dal COVID19, con quasi 6100 morti, con il tasso di positività arrivato al 36% e con una pressione sugli ospedali regionali critica.

È noto che in questo inizio inverno di varianti virali se ne sono registrate un po’ ovunque e, considerando l’opinione unanime della comunità scientifica, l’affermazione zaiana che in Veneto ci sia “un boom di contagi perché si fanno più tamponi” [per la maggior parte rapidi, ndr] non può assolutamente giustificare l’attuale grave situazione in regione. Infatti, a sentire gli esperti – rispetto alla narrazione quotidiana – le cose stanno diversamente. E nessuno certo se ne rallegra. Il numero dei morti purtroppo non mente e si è visto che per fermare il virus “le zone rosse e arancioni hanno funzionato, le gialle no”, ha affermato Antonella Viola, immunologa dell’Università di Padova. Se di variante veneta si vuole parlare, allora la variante è quella del Presidente Zaia con l’”ossessione per la zona gialla”, ha sottolineato il Dott. Maurizio Manno del Coordinamento Veneto Sanità Pubblica, in una recente intervista.

Il paradosso veneto e la sua correlata chiave di lettura stanno proprio qui e mettono sotto accusa, oltre ai comportamenti dei cittadini e di tutta la nostra comunità produttiva, lo strenuo tentativo di tenere la regione al minimo delle restrizioni anti-contagio per non richiedere nuovi sacrifici ai cittadini, per infondere nei veneti un certo senso di autonoma superiorità e raccontare una “verità falsamente autonoma” e sicuramente diversa dalla realtà. L’aggettivo autonomo ripetuto non è un caso… Ma quale prezzo? Quello di portare allo stremo le forze di migliaia di donne e uomini della nostra sanità, mettendo a dura prova la resilienza e l’efficienza del sistema sanitario regionale, che poco prima dell’inizio della pandemia – è bene ricordarlo – stava proprio per prendere un “abbrivio lombardo” nell’ambito della sanità “privata-convenzionata”. Infine, ricorrendo a dichiarare alcuni parametri di efficienza difficilmente raggiungibili: ad esempio il numero risibile dei 1000 posti di terapia attivabili quando già nel 2019 – secondo l’Anaao-Assomed – mancavano in Veneto 149 anestesisti e in totale circa 4000 infermieri – come chiarito dal Coordinamento Regionale degli Ordini delle Professioni Infermieristiche.

La ragione di tutto questo e di questa narrazione risiede nel consenso, ricercato e mantenuto senza compromessi. Lo dimostrano le ore di diretta quotidiana del governatore del Veneto trasmessa a gran voce dalle testate giornalistiche regionali. Dove alla fine si parla di tutto ma l’importante è parlarne, esserci, commentare tutto e per tutto: dai veterinari per fare i tamponi ai diktat ai medici di base. Mentre i dati peggioravano e peggiorano. Una narrazione iconica che è poi chiave di lettura di tutta la politica di governo leghista del Veneto da dieci anni a questa parte: dalle politiche sociali, all’ambiente, alla lotta alla criminalità organizzata, alla sanità pre-covid, alla coesione. Anche quando la realtà dimostra il contrario.

Va poi ricordato come anche i Dpcm del governo in vigore prevedano che le regioni possano assumere ulteriori misure necessarie, rispetto a quelle già previste, a contenere la pandemia con conseguenti responsabilità in relazione alla situazione dei territori interessati. Bene hanno fatto i consiglieri regionali e tutti i parlamentari ed esponenti veneti del governo nazionali del PD a chiedere con urgenza un “bagno” di verità e un cambio di strategia al Presidente Zaia anche a scapito di ammettere qualche errore. È forse per lui rischioso ma ne guadagnerebbero certo i veneti e l’Italia tutta.

“Le donne o gli uomini non fanno la storia, ma è statista quell’essere umano che, sentendo frusciare accanto a sé il mantello della storia, sa afferrarlo.” Sarà d’accordo Luca Zaia?


Matteo Favero è vice Responsabile Coordinamento Programma del Partito democratico

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