La pandemia ha portato come nodi al pettine tanti problemi “sospesi” del nostro tempo. Tra questi, quello dell’ossessione nazionalista italocentrica che da sempre attanaglia le menti dei rappresentanti delle destre limitandole molto. Molti pilastri delle suddette destre nazionali infatti si sono frantumati in un batter d’occhio ad una velocità impensabile fino a pochi mesi fa.
Il mostro sovranista che negli ultimi anni ha terrorizzato i progressisti con le sue teorie oscurantiste, retrograde, tradizionaliste totalmente anacronistico rispetto alle conquiste del progresso ottenute dopo anni di battaglie in Italia, in Europa e nel Mondo sembrava invincibile ed ormai destinato ad una nuova e terrificante metaforica “marcia su Roma e sull’Europa” che l’avrebbe portato a governare secondo il modello della “democratura illiberale” di stampo neosovietico coerentemente al corso della storia che vedeva il Brasile in mano a Bolsonaro, gli Usa in mano a Trump, la Russia ormai da vent’anni guidata da Putin e la nostra povera Europa, ultimo baluardo di democrazie liberali, ormai sul lastrico.
Il copione era ormai un usato garantito: ripudio delle competenze, accentramento dei poteri, odio per lo straniero, azzeramento totale dei valori civili come solidarietà, amore per il prossimo, rispetto e cultura verso una nuova “società” basata sul buonsenso che gira a seconda dell’aria che tira (sui social) e quei pieni poteri che sembravano l’inizio della fine.
La pandemia è stata una “livella”. Tutti, ma proprio tutti, sono stati costretti dal corso degli eventi a capire ed ammettere quali sono le tematiche serie che una classe politica dovrebbe affrontare nel pubblico dibattito. Quanto sia importante la competenza, l’avere risorse acculturate che possano dare delle risposte (anche contraddittorie, perché il dibattito è il sale della scienza e del progresso) senza quelle odiose terminologie come “professoroni” assolutamente distruttive. Tutti, probabilmente, si sono chiesti dove saremmo arrivati senza quei professoroni durante una pandemia. Quanto sono utili i professoroni che mettono a disposizione del paese le loro competenze per il bene loro e di tutti. E attenzione, le competenze sono indispensabili in tutti gli ambiti lavorativi: dall’operaio che porta avanti i lavori del nuovo ponte di Genova, allo scienziato che assiste il dottor Borrelli nelle conferenze settimanali in diretta nazionale che speriamo di non dover più vedere.
E già il primo pilastro della destra viene naturalmente spazzato via. C’era chi ha criticato Mario Draghi ed il suo impegno per superare la crisi del 2008 per un semplice sentimento anti europeo non meglio identificato (o forse si, vedi prima parte dell’articolo), ed ora lo vorrebbe seduto lì in Europa a parlare a nome nostro per via della sua credibilità.
Le settimane in cui si è discusso per gli Eurobond è stata la Caporetto della destra italiana. Chi diceva prima gli italiani ha votato a favore di una linea nazionalista olandese. Gli Europei, quelli veri, con la E maiuscola della generazione Erasmus, amano le proprie nazioni e non le considerano strumento di divisione, ma di Unione, progresso, solidarietà tra popoli uniti e liberi.
La sinistra moderna riparta da loro. La tragedia del virus ci lascia quelle certezze per cui i progressisti hanno combattuto per anni che sembrava stessero andando ormai alla deriva a favore delle destre autoritarie. Non sarà così. Mentre i conservatori dovranno completamente riscrivere l’agenda setting delle loro legittime opposizioni, c’è chi potrebbe e dovrebbe continuare a lavorare nella stessa direzione di sempre con il dovere di informare bene tutti i cittadini, soprattutto coloro i quali si sono persi per strada negli ultimi anni in cui per una serie di motivi che meriterebbero un’analisi a parte.
Le risorse non mancano: Bonaccini, Zingaretti, Sala, Decaro, Pizzarotti, De Magistris, Letta e tanti altri. Bisogna ripartire dalle loro competenze politiche ma soprattutto amministrative, riconosciute apertamente oltre che dalla stragrande maggioranza dell’elettorato di sinistra anche da buona parte degli elettori di destra. I presupposti per una fase due del Partito Democratico ci sono. Adesso è il momento di pianificarla.
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