Non voglio più avere paura

John Lennon nel 1971 pubblicava una canzone che s’intitolava ‘Imagine’, dove parlava di un mondo senza nazioni o religioni, un mondo senza guerra. Cinquant’anni fa, Martin Luther King aveva raccontato il suo sogno di uguaglianza fra neri e bianchi, nord e sud, un sogno di libertà e giustizia.

Oggi questi verbi (immaginare, sognare) sono finiti nel dimenticatoio. Sono impolverati, futili, ridicoli, perché non servivano allora e, pare, non servissero neanche fino a qualche mese fa… D’altronde sia King che Lennon morirono assassinati, e il sovranismo, il razzismo, il fanatismo religioso, la paura dell’uomo nero, del povero, del musulmano, del diverso, dello scalatore sociale, riempiono i nostri giornali, guidano le scelte dei nostri politici, sono il condimento amaro della nostra esistenza.

Mi fa un certo effetto sentire di nuovo questa esortazione (Immagina!) sulla bocca della sinistra italiana, il più silenzioso e amorfo partito italiano, perché suona come un corno nella foresta, un faro all’orizzonte; come se qualcosa si fosse svegliato, la bussola ritrovata…

Io sono solo un umile musicista, ma cercare una rotta in questo maremoto non è poi tanto diverso dal cercare l’armonia giusta che accordi tutta l’orchestra. In tempi duri, cupi e violenti, l’armonia ha sempre subito una metamorfosi: nel Novecento, quando la guerra e lo sterminio di interi popoli flagellavano il pianeta, la musica smise di seguire l’armonia classica, a favore della dissonanza, del cromatismo, della dodecafonia, creando sonorità che ritraessero sinceramente il disordine dell’uomo moderno: spezzato e disorientato. Era una musica governata dalla paura: tutte le voci si scontravano l’una con l’altra, come una guerra perenne fra il perseguitato e l’uomo solo al comando. Ora non è più il tempo di melodie solistiche, canti sguaiati, tamburi pestati, ma più quello di un corale, dove tutte le voci camminino insieme, verso un’unica meta.

La meta ce la disegnarono già Lennon, King, Gandhi così come tanti altri pensatori, artisti, scrittori… e basta rileggere le loro parole per capire dov’è il giusto in questa società malata. Malata nel cuore e nel corpo. La paura ci deve guidare, per non ripetere gli stessi errori, perché la paura di morire ci fa vivere veramente. Ci fa vivere nella giustizia, nella libertà, nel rispetto della vita stessa. Solo così non avremo più paura.

Vorrei che la sinistra, gli uomini e le donne che la compongono, si guardino intorno e vedano cosa non va: lo stupro che stiamo facendo della natura ogni giorno, da secoli, calpestando e avvelenando i mari, l’aria, la nostra casa rigogliosa, ricca di biodiversità, senza criterio se non quello del profitto.

Se la società post-coronavirus non metterà al centro la conversione ecologia, rinunciando il più possibile alle tecnologie che prevedono lo smaltimento di combustibili fossili, saremo condannati a subire ancora e ancora la violenza della natura su di noi, oggi con un virus causato dal disboscamento, domani da uno tsunami provocato dallo scioglimento dei ghiacci o da un monsone prodotto dal cambiamento climatico.

La sinistra deve convincere la politica tutta, prima dell’Europa e poi del mondo intero, a rivoluzionare il nostro modo di vivere, e deve farlo ora. Adesso che tutto si è azzerato, convertite le auto in macchine elettriche, i nostri elettrodomestici in strumenti meno inquinanti, le fabbriche che producono materiali in plastica con canapa, cera, biotecnologie, cosicché il respiro che sta prendendo il mondo durante questo lockdown, non sia solo un breve attimo, ma un punto di partenza.

L’economia deve ripartire da qui. Gli italiani hanno costruito con troppa avidità lungo tutto lo stivale, dimenticando quanto sia fragile e delicato questo territorio: investiamo nell’architettura antisismica, demoliamo le costruzioni abusive, fortifichiamo le zone più colpite dalle alluvioni, da nord a sud, così che tutti potremo vivere in maggiore sicurezza, preservando la bellezza che ci circonda.

Per rafforzare la fiducia nella classe politica, bisognerà dimostrare grande senso della giustizia, ma soprattutto contrastare l’illegalità, così tanto diffusa nel nostro paese: innanzitutto la mafia, investendo nelle piccole imprese del sud, nell’istruzione e sottraendole fette di mercato legalizzando le droghe leggere.

In secondo luogo punire l’evasione fiscale: è giusto che tutti vengano aiutati in questa precisa fase storica, ma non va dimenticato che tutti gli evasori sono stati complici del disastro sanitario che ha colpito il nostro paese. Loro e una classe politica corrotta che non ha mai spiegato abbastanza ai propri cittadini quanto fosse fondamentale, per la tenuta sociale di una nazione, il pagamento dei contributi, e che non ha mai abbastanza riscosso la loro fiducia.

Contrastiamo una volta per tutte questo sovranismo viscerale, la politica dello spot, della propaganda. Ridicolizziamo i politici che la compongono, rimettendo al centro la cultura, l’istruzione, la scuola e un’informazione seria, non di parte ma il più accurata possibile, e che non si permetta mai a chi crede alle differenze fra nord e sud, bianchi e neri, italiani e immigrati, cattolici e atei, a prendere il potere in un paese della comunità europea. Tutti devono essere accolti, tutti devono possedere inalienabili diritti, non solo quelli che credono nella patria, in Dio e nella famiglia.

Ora che siamo prigionieri nelle nostre case, sentiamo un richiamo, dentro di noi, una commozione che ci pervade, che è la ricerca della libertà. Essere liberi deve essere il diritto più duro da conquistare, ma la Sinistra deve garantirla quando questa quarantena sarà finita. Essere liberi significa vivere, vivere rispettando tutti, compresi noi stessi e l’ambiente che ci circonda.

Perché siamo tutti uguali e nessuno vuole avere più paura.


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