In questa situazione di incertezza e difficoltà per ricostruire l’Italia di domani non possiamo tornare a fare le cose di ieri, come le facevamo ieri. L’Italia di domani dovrà ripartire dai fatti, non dai proclami. L’Italia di domani dovrà ripartire da una classe politica capace di scegliere. Perché citando James Joyce “Domani sarò ciò che oggi ho scelto di essere”.
Ma per scegliere dobbiamo sapere da che parte andare. E non so se ce l’abbiamo chiaro, come Partito. E come Partito di Governo. Non solo per nostra capacità/volontà ovviamente, ma anche per l’indiscussa differenza che abbiamo con il movimento 5 stelle, un’alleanza che oggi mostra ancora di più questi limiti, perché si tratta di gestire uno scenario straordinario. Quello che scegliamo oggi porrà le basi per ricostruire il Paese di domani e quindi è essenziale che questa alleanza sia al rialzo e non al ribasso, altrimenti si svuota di senso e diventa solo una medaglietta da mettere alla giacca.
Dobbiamo come Partito rafforzare la nostra voce, e questo possiamo farlo se abbiamo una visione chiara. Al centro deve tornare la battaglia per semplificare il nostro Paese: la burocrazia è il nostro male più grande. Dietro le carte e i cavilli blocchiamo il Paese, gli onesti cadono, i furbi ridono. L’Italia di domani deve ripartire da alcune battaglie essenziali che non possiamo lasciare in mano ai populisti, che non possiamo lasciare in mano alle mafie, che non possiamo lasciare in mano a burocrati e legislatori, o semplicemente dimenticare in un cassetto perché troppo complicato da fare. Molte cose da fare e riformare sono quelle affrontate anche in questi mesi nei nostri gruppi di lavoro.
L’Italia di domani è anche quella che nei prossimi mesi vedrà sfide regionali e amministrative. Non possiamo prescindere, nei nostri territori, dal portare avanti proposte serie e credibili per contribuire a costruire le politiche di domani in quei Comuni, in quelle Regioni. Questa emergenza ha mostrato ancora una volta che laddove ci sono amministratori competenti e credibili i cittadini hanno avuto risposte serie, veloci, efficienti, utili. Tanti nostri sindaci e amministratori sparsi per l’Italia hanno dato prova di grande responsabilità, hanno navigato a vista sempre con l’unico obiettivo di portar fuori dalla tempesta i propri cittadini. Dobbiamo ripartire da loro per le prossime sfide.
Ascoltare i nostri sindaci e i nostri amministratori che tutti i giorni si trovano sul campo: questo è quello che il partito dovrebbe fare, è quello che dovrebbero fare i governatori regionali e il Governo.Sono assessore al sociale da un anno, questi due mesi di emergenza, oltre a togliermi il sonno a volte, mi hanno preso tanto e insegnato di più. Dobbiamo da un lato aiutare velocemente chi non ce la fa (e continuare a farlo senza per questo diventare uno Stato assistenziale), ma dall’altro fin da subito iniziare a cambiare ciò che non va e a portare proposte serie e credibili.
Perché regionalismi e diversità hanno mostrato, se ancora ce ne fosse bisogno, che l’Italia va a velocità diverse. In questi mesi di emergenza ci siamo accorti che solo con un intenso e non scontato lavoro coordinato in rete è possibile uscirne. Non sempre però, neanche in questi mesi, abbiamo dato prova di questo ascolto/coordinamento (neanche tra le file del PD), note a tutti noi le cronache di alcune contraddizioni sparse per l’Italia, creando il caos nei cittadini.
Solo se non ci dimenticheremo di questi due mesi, di ciò che di bello e di brutto abbiamo vissuto, dei sacrifici, degli errori, ma anche delle priorità che abbiamo rimesso a fuoco, il PD, ritrovando la sua spinta riformista, potrà tornare a essere un partito con una visione in grado di guidare il Paese verso un nuovo mondo che già sta nascendo.Guidare o farsi trascinare. La scelta è nostra.
Valentina Loparco fa parte dell’Assemblea Nazionale del Partito Democratico ed è Assessore alle politiche sociali, ambientali, associazionismo, partecipazione, partecipate del Comune di Massa e Cozzile (Pistoia)
Quello pubblicato qui sopra è il suo intervento all’assemblea online di Energia Democratica del 9 maggio
L’emergenza significa fare scelte a breve termine.
La politica significa chiarire cosa vogliamo essere dopo l’emergenza.
È chiaro che qualunque scelta, anche emergenziale, non può andare contro la nostra natura.
Siamo, per fortuna, diversi dai 5S, ma non abbiamo ancora chiarito perché gli italiani gli hanno dato il 32%.
Un’autoassoluzione e la sola convinzione di essere migliori non la ritengo l’analisi più intelligente.
In ragione della burocrazia in particolare e della PA in generale, occorre un ragionamento senza ipocrisia.
La PA è stata, ed è, il bancomat del clientelismo partitico.
Per la sua efficienza, pertanto, occorre rompere questa cinghia di trasmissione devastante.
Da un punto di vista tecnico non esistono ostacoli insormontabili.
Come insegnava il mio docente di costruzioni: “Un problema tecnico trova sempre una soluzione”.
Il problema è politico perché, come sopra citato, il mondo PA ed ancor più il mondo delle aziende pubbliche, rappresentano il terreno del clientelismo partitico.
Per noi di sinistra, inoltre, occorre evidenziare che un cittadino si sente parte di una comunità quando funziona la PA.