La nostra comunicazione per affrontare il presente: un giornale-comunità è possibile?

Le ultime vicende dell’editoria italiana e dei gruppi economici e finanziari che la controllano hanno riaperto una ferita in chi, come me e molti altri, viene da anni di impegno e di appartenenza.

La questione non è solo la mancanza, in questo momento così particolare, di strumenti che in altre epoche furono decisivi come gli organi di stampa di partito. C’è anche la difficile ricerca di idee efficaci su come essere presenti nel mondo digitale come forza politica; su come comunicare e informare, costruendo una comunità di persone, prima ancora che una community virtuale.

Qualcosa si muove positivamente con il progetto inviato dall’organizzazione nazionale ai circoli nei giorni scorsi. Ma fino a oggi, ovunque, la sinistra ha vissuto alla giornata – c’è chi ha parlato della strategia dell’opossum – nella speranza di uscire politicamente vivi dalla pandemia e nella fondata convinzione che, in questo contesto mutato, si stia riducendo l’efficacia delle varie “bestie”, quelle macchine infernali di propaganda e mistificazione che hanno portato all’affermazione di Brexit, Trump e dei sovranismi (Salvini compreso) grazie ad anni di lavoro strutturato, scientifico e sotterraneo.

Ancora una volta, ci stupiamo scoprendo che nel mondo la destra esiste, ha una lettura della realtà e si è pure dotata di strumenti molto efficaci, almeno fino a ieri. E ancora una volta ci ritroviamo, noi, con la necessità di dotarci di strategia e strumenti.

Andando indietro nel passato di 10 o 20 anni e pensando a ciò che, allora, restava dei “nostri” giornali, va rilevata l’assenza di un disegno solido che si sarebbe potuto affidare fino in fondo alla ricchezza sociale, culturale e anche economica del mondo (o dei mondi) a cui appartenevano. Esisteva, infatti, un ambito di riferimento potenziale: un tessuto fatto di militanza politica diffusa, ma anche di associazioni, fondazioni, cooperative, professionisti, funzionari pubblici, sindacati, ong, comitati civici, pensatoi…

Oggi tutto è cambiato, ma resta il bisogno di raccontare quei mondi e di ricevere da questi contributi e istanze. E si impone la necessità di uno strumento diverso che parli a un popolo che c’era e che ancora esiste, pur dentro le trasformazioni vorticose in cui siamo coinvolti.

Immagino un giornale-comunità, digitale ma radicato nel reale e nella quotidianità; un giornale di pensiero, di approfondimento e di opinioni con tre caratteristiche: utile, ricco e unificante.

Utile al lavoro e alla pratica quotidiana di amministratori locali, funzionari pubblici, sindacalisti, dirigenti cooperatori, piccole e grandi realtà sociali, portatori di interesse. Con la capacità di “entrare nel merito” (come fanno in campi diversi il Sole 24 Ore o Italia Oggi) con competenza e puntualità, guardando agli aspetti tecnici e ai meccanismi di cui sono fatte le organizzazioni e le istituzioni che, come gruppo dirigente a tutti i livelli, siamo chiamati a innervare e guidare.

Ricco delle esperienze e dei punti di vista politici, sociali, economici, culturali e amministrativi di chi è impegnato nel campo largo del centrosinistra e della sinistra italiana.

Unificante perché “tiene insieme” chi sente di appartenere e di poter dare un contributo a una storia che viene da lontano e che ha bisogno di una visione per costruire un futuro più giusto, aperto e sostenibile, per fare ciò per cui esiste la sinistra: dare voce e rappresentanza a chi non ne ha o non ne ha abbastanza.

1 COMMENTO

  1. Articolo che coglie in pieno una criticità basilare, prefigura una possibile interessantissima soluzione, forse l’unica realmente percorribile.
    Sostanziale che questa indicazione trovi un seguito immediato, il PD deve istituire un progetto operativo che, nei tempi più brevi possibili, porti ad un “giornale di partito” o “giornale di parte”, possibilmente aperto ai contributi di tutte quelle forze che vedono il centrosinistra europeo come riferimento.

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