Cosa ci lascerà l’epoca del coronavirus?
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Ci siamo ripetuti a lungo, e i più ottimisti ancora lo stanno facendo, che dalla pandemia saremmo usciti migliori. Una convinzione che con il passare delle settimane si è fatta via via più debole, fino a mostrarci che forse ne saremmo usciti addirittura peggiori. Quello che vediamo e che leggiamo sui social ha fatto sprofondare alcuni in uno sconforto totale.

Migliore o peggiore ancora non lo sappiamo ma sicuramente sarà diverso: cosa ci lascerà questa epoca quando tutto questo finirà (perché non sarà ora ma prima o poi finirà)?

I giornalisti di LinkedIn Notizie hanno chiesto agli esperti in diverse nazioni quali sono le loro idee per questo mondo post-Covid. Alcune le stiamo già sperimentando e difficilmente si tornerà indietro.

Acquisti on line

Non è un segreto che durante il periodo di lockdown a beneficiare della chiusura siano stati soprattutto i negozi on line. Secondo le stime di Netcomm, da inizio anno a metà aprile i nuovi consumatori online italiani sono stati 2 milioni, di cui 1,3 milioni da attribuire all’emergenza sanitaria: un fenomeno in grado di accelerare la transizione verso il digitale di 10 anni. I consumi sono quindi velocemente e profondamente cambiati, facendo cambiare anche l’approccio al digitale di tante aziende che ora sanno che non possono davvero più fare a meno di un e-commerce di qualità. Ovviamente chi già aveva cominciato la transizione, come ad esempio i nuovi settori in espansione, hanno tratto benefici immediati. Un esempio su tutti? La vendita e il delivery di cannabis light.

Carichi familiari

Scuole chiuse, genitori in smart working e nonni fuori uso: il carico mentale e di lavoro per i genitori è stato fortissimo. A soffrirne di più sono state le donne, fulcro delle famiglie italiane. Improvvisamente ci si è accorti di quanto pesa sulle mamme italiane la gestione congiunta del lavoro, famiglia, figli ed educazione. Il futuro non potrà essere uguale: bisognerà lavorare molto di più per migliorare le condizioni dell’occupazione femminile dal punto di vista retributivo e salariale. Qualcuno lo ha chiamato il Recovery Plan per le donne.

Scuola

Se il Covid ha avuto un merito è stato quello di aver contribuito a rivalutare la scuola nel nostro Paese. Vecchia e stantìa dal punto di vista delle strutture ma anche dei piani didattici, si è trovata di punto in bianco e dover fare i conti con la temutissima Dad. Anche in questo caso c’è stata un’accelerazione di un processo già in atto: gli investimenti nel settore della didattica on line, riferisce il World Economic Forum, erano stati già nel 2019 pari a 18,66 miliardi di dollari e il mercato mondiale dovrebbe raggiungere entro il 2025 i 350 miliardi. Quali sono i benefici? La personalizzazione, la modularizzazione di corsi brevi e la possibilità di fruizione in movimento, ma anche una maggiore accessibilità abbattendo i costi. Fermo restando che per i più piccoli, la didattica in presenza rappresenta ancora un punto fermo. Ma il futuro della scuola è ancora tutto da scrivere.

Città più vivibili

Da subito architetti e urbanisti si sono messi a lavoro per immaginare le nostre città più vivibili e più rispettose dei nuovi protocolli. Se anche Roma è riuscita, nel giro di poco tempo, a pensare delle piste ciclabili sulle sue trafficatissime vie, vuol dire che davvero un nuovo modello è possibile. Come ha scritto Maurizio Carta, professore ordinario di Urbanistica all’Università di Palermo, “bisogna tornare – come abbiamo fatto storicamente in Italia – a progettare città ad intensità differenziata, policentriche e resilienti, con un più adeguato metabolismo circolare di tutte le funzioni, con una maggiore vicinanza delle persone ai luoghi della produzione e ai servizi. Sono quelle che io chiamo “città aumentate” capaci di amplificare la vita comunitaria senza divorare risorse”. Tutto il contrario di quello che abbiamo fatto negli ultimi decenni.

Attenzione e rispetto per il clima

Anche questo aspetto, soprattutto nelle nuove generazioni, era molto sentito ma oggi, più che mai non piò essere più rimandato. Il crollo dei dati sulle emissioni globali durante il periodo di lockdown non ci ha lasciato indifferenti, così come le immagini degli animali che si riprendevano i loro spazi nelle città. La stessa diffusione della pandemia non può escludere sia veicolata dall’inquinamento o abbia in qualche modo influito sulla capacità di reazione alla malattia. I cittadini sono più consapevoli, hanno accesso a più informazioni ma lo sono anche più le aziende che, sulla sostenibilità, stanno puntando per il futuro.

Smartworking

Sono decenni che si parla di limitare gli spostamenti per lavoro ma la nostra mentalità ancora non ci aveva permesso di fare il grande passo. Certo, averlo fatto costretti dagli evento non aiutato. Così come non ha aiutato non avere regole che limitassero orari e carico lavorativo ma, anche su questo fronte, è difficile pensare di tornare indietro. Gli italiani sembrano aver promosso l’esperienza maturata in questi mesi e vorrebbero che in qualche modo potesse proseguire. Secondo un’indagine condotta da Nomisma in collaborazione con Crif, al 56% dei quasi 2 milioni di italiani che hanno lavorato da casa in questi mesi (un dato ricavato su un campione di mille intervistati) non dispiacerebbe continuare a farlo, seppur in misura ridotta.

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